Del rapporto “Maestro > discepolo”
già si è detto. Si osserva tuttavia che molto spesso, e bisognerebbe dire
troppo spesso, il maestro, nel senso più generale del termine, viene, ahimè,
considerato anche leader. Tant’è che viene osservato che “non a caso esiste il
detto: Non guardate quello che fa il maestro, ma ascoltate quello che dice”.
Ovvero un modo molto elegante per, da
un lato attribuire ogni valore e significato a quel che il maestro trasmette, e
dall’altro per far acquisire una coscienza critica su tutto quello che viene
trasmesso, affinché possa costituire un ulteriore momento di riflessione, ed
eventualmente farvi trovare nuovi sbocchi e nuove direzioni derivanti da quel
che vi viene trasmesso.
E l’abnormità della affermazione è
ancora maggiore ove appena si rilevi che il pensare alla prossime generazioni
in nessun modo può essere estrapolato
dalle basi normative e di predisposizione che vengono e/o dovrebbero
essere poste progressivamente nelle elezioni che si susseguono, dovendosi
altrimenti ammettere che potevano avere perfettamente ragione i dittatori del
900’ quando sostenevano che i loro atti erano diretti alle successive
generazioni, e così infischiandosene totalmente dell’eventuale consenso popolare
che poteva loro derivare da regolari elezioni, ove indette.
Viene così in evidenza la necessità per
cui un leader, ovvero uno statista o un rappresentante politico o di qualsiasi
livello, preventivamente all’assunzione della sua qualità di dirigente o di rappresentante
di qualcosa compia un preventivo screening delle proprie attitudini emozionali.
Attitudini emozionali che, dove celate, lo convincono altrimenti a diventare
onnipotente. Onnipotenza che poi coinvolge anche i suoi simili i quali alla
fine finiscono con il divenire e costituire quella che si chiama casta.
E viene pure in rilievo la ovvia
differenza che precisamente intercorre tra i termini di maestro, leader, e
leadership, dato che si assiste ad una non condivisibile confusione di termini
che fa corrispondere la leadership al vero leader. Figura, dunque, che vorrebbe
essere collocata tra il maestro ed il leader, ed alla quale, sola, si
attribuisce, non è dato comprenderne il motivo, la possibilità di leadership.
Non è certamente questa la sede per
disquisire su quale può essere il modo migliore per difendersi da una casta o
il modo per smantellare una casta. Il problema non è politico (dato che in
questa sede non si intende affatto far politica), ma attiene all’analisi della
correttezza dei metodi ed ai loro obiettivi.
Così un dato tuttavia certo sul quale
riflettere è quello per cui lo scarso controllo delle emozioni dei leaders, ha
finito col far considerare maestri/leaders, e dunque statisti, soggetti che statisti
non erano affatto, dato che tutt’al più potevano considerarsi grandi personaggi
o soggetti animati da grande buona volontà. Ma se è vero che a questo punto
dovrebbero differenziarsi i veri maestri/leaders dai sognatori, dai velleitari,
dai demagoghi, e dai manipolatori, e premesso che l’inferno è lastricato di
buone intenzioni, è estremamente dubbio ed errato che tutti i considerati maestri/leaders,
puramente e semplicemente possano lasciare un segno nelle generazioni a venire.
Dato che questa deve ritenersi una forzatura da non potersi condividere.
Ricorrendo alle scienze economiche,
un ottimo imprenditore, nel senso borghese del termine, è quello che crea.
Tuttavia quello che normalmente un ottimo imprenditore crea, si estingue in tre
generazioni: il padre crea, il figlio conserva, il nipote distrugge. Lo stesso
metro può essere applicato ai maestri/leaders. Quando il messaggio dei leaders si
distrugge in tre generazioni, i leader tutto possono essere tranne che maestri/leaders,
anche se il loro messaggio sia privo di stati emozionali negativi, e dunque
astrattamente detto messaggio potrebbe ipoteticamente essere assimilato a
quello di maestri/leaders. E sino ad oggi, a parte Cristo ed il Suo Messaggio,
non pare che altri possono rivendicare i medesimi titoli. Non certamente gli
umani, ove taluni, sia pur certamente, rientrano tra i grandi personaggi e/o
tra gli Uomini di buona volontà (vedasi i messaggi di Mohandas Karamchand Gandhi, ovvero, del Mahatma Gandhi).
L’osservazione primaria delle cose
vuole infatti che “una guida illuminata viene resa stabile nel mondo
dell’essere, dove non c’è bisogno di adottare una strategia per arrivare in
cima.” (cfr. Deepak Chopra, L’anima del
vero leader, Cesena, agosto 2012, passim). Se dunque si sviluppa il proprio
potenziale per un obiettivo di grandezza, non soltanto si sviluppa quel
medesimo potenziale anche negli altri, ma si osserverà che le persone con le
quali vieni in contatto “si rivolgeranno a te per ottenere guida e per ricevere
direttive su come procedere.”.
Questa base di partenza elimina tutti
i presunti maestri/leaders appunto dal ruolo di maestri/leaders, ove appena si
osservi che gran parte di quelli che noi conosciamo come maestri/leaders sono
invece soltanto leaders, posto che avevano o hanno necessità di una strategia
per emergere.
Tant’è che può facilmente affermarsi
che, per un verso i dirigenti divengono tali in quanto esprimono quei valori
che vengono riconosciuti dai loro sostenitori, mentre i sostenitori dei
dirigenti alimentano la visione dei leaders attraverso il loro consenso.
Ben diverso è invece il caso di quei
grandi personaggi o di quei soggetti animati da grande buona volontà i quali
hanno contraddistinto la loro opera “basandosi sulla consapevolezza dell’anima”
e così attingendo “alla fonte originaria della saggezza”, senza le
sovrastrutture date dalle ideologie o dai credo religiosi di ognuno, o dai
bisogni più diversi, sovrastrutture che, quando messe in discussione, generano
la paura di una minaccia .
Il Mahatma Gandhi. certamente grande personaggio, certamente uomo di buona volontà, certamente guida illuminata e vero leader, portatore
di un proprio messaggio personale (per la pacifica convivenza delle
genti).
Dalle predette osservazioni deriva poi quella che vien chiamata la scala gerarchica dei bisogni, dato che il leader dà risposte ai bisogni elementari e organizzativi su questo fondanti la leadership; il vero leader/grande personaggio dà risposte inserendo nei bisogni elementari e organizzativi anche quei momenti che vengono chiamati valori (ad esempio di una società); ed il maestro/leader dà risposte complete e compiute a tutte le necessità della predetta scala gerarchica, elementari, di valore, e spirituali.
Ecco in conclusione un buon requisito
dal quale far dipendere l’attitudine a dirigere o guidare o governare: il
controllo del proprio equilibrio emozionale, e soprattutto, l’umiltà a non
ritenersi al di sopra di tutto e di tutti. Perché quest’ultima è la strada
migliore verso la dittatura o della repressione della coscienza che alberga dentro
ognuno di noi.
Ecco ancora una buona conclusione
generale per ciascun essere umano: “Niente ha più potere di trasformazione
della consapevolezza, posto che quando si diventa completi dentro sé stessi,
nemmeno le peggiori condizioni del mondo esterno contano.”.
Tenendosi ben presente la grande
diversità di significati che si ritrova nella lingua italiana del termine
inglese leader, significati tutt’altro che univoci, ecco infine una buona base
di partenza per un leader che vuol essere anche un vero leader/grande
personaggio e dunque gestire nel modo migliore la sua leadership: se “la
consapevolezza è la fonte migliore della visione interiore, del nutrimento,
dell’ispirazione e della trascendenza, usando verità e chiarezza come bussole
del proprio sentiero interiore, il mondo
esterno non può far altro che corrispondere all’intenzione.”.
Principio che poi va esportato e
trasferito in ciascuno di noi. Dato che la correttezza del sentiero sarà
sistematicamente e continuamente provata da quella consapevolezza che alla fine
ci trasforma in veri maestri/leader di noi stessi.
Ognuno deve trovare il Mago Merlino
Ovvero, ci permette di usare al meglio quella leadership che ognuno di noi in qualche modo comunque possiede.
Ognuno deve trovare il Mago Merlino
che sempre esiste dentro di noi, e che ci aiuta
a recuperare la nostra spada nella roccia.
Ovvero, ci permette di usare al meglio quella leadership che ognuno di noi in qualche modo comunque possiede.
D.S. ♥
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