La cosidetta onestà intellettuale prevede e vuole che
quando si affronta un problema, o un “tema” come oggi più spesso si sente dire,
si ascoltino e/o si analizzino e/o si prendano in esame anche idee diverse da
quelle che ognuno ha, o idee teoricamente comunemente acclarate come scontate.
Non si tratta, come alcuni soloni superficialmente potrebbero affermare, di
mascherare il revisionismo (concetto peraltro di per sé non negativo) con
l’onestà intellettuale. Ma si tratta soltanto ed esclusivamente di in ogni caso
aggiungere continuamente ulteriori riflessioni, che, sia chiaro, sono
sempre utili quando si affrontano fatti che dovrebbero essere di generale e
comune interesse. Ben a prescindere da quello che ognuno di noi professa come
propria convinzione.
E del
resto, deve essere chiarissimo che solo chi ha paura che quel che potrebbe
emergere avrebbe la possibilità di generare crisi e/o insicurezze su certezze
troppo spesso fondate su presupposti errati, può aver paura di sempre ulteriori
riflessioni.
Quale che sia il campo nel quale si articolano le
ulteriori riflessioni.
Detto questo, e sulla falsariga de “Mentre il tempo passa”, va
osservato come un pur contestato personaggio, l’americana Jasmuheen, nel 2000,
aveva già osservato come la Guida Spirituale Chris Griscom, fondatrice e
docente del Light Institute in Galisteo (Nuovo Messico), probabilmente la “principale
autorità mondiale in tema di reincarnazione”, i cui servizi umanitari ed il cui
contributo alla salute ed all’educazione olistica erano stati riconosciuti con
il “Sewa Chakra Award” (prima conferito pure a Madre Teresa di Calcutta,
al Dalai Lama, all’ex Primo Ministro d’India Morarji Desai, ed al Prof. Robert
Muller Rettore dell’Università della Pace delle Nazioni Unite) nel suo libro “Time
is an illusion” (1986), rilevava come “atteggiamento e comprensione non controllano il corpo emotivo!”.
Se
dunque è pur vero che “è il corpo emotivo che determina la nostra esistenza ad
ogni livello di consapevolezza sul pianeta terra”, Griscom rilevava tuttavia
che il predetto “corpo emotivo” non si è
aggiornato “nel suo sviluppo consapevole”. E secondo la Griscom “la ragione sta
nel fatto che l’emozionalità appartiene energeticamente alla dimensione
astrale, la quale esiste fuori dalla realtà influenzata dal tempo.”. Con la
conseguenza che, “ignaro del fatto che < il tempo passa >, il corpo emotivo rivisita” e/“o
riassembla incessantemente le nostre componenti emotive secondo un suo proprio
schema.
- Dato
che, “Poiché noi stessi ci siamo talmente identificati con il nostro corpo
mentale, siamo proni all’illusione di influenzare e dirigere il corpo emotivo
con la nostra volontà consapevole”;
- dato
che poiché “la consapevolezza inerente ogni nostro < nuovo > corpo
fisico non dipende dal suo stesso veicolo materiale”, ma dal fatto che “le
impronte < attaccaticce > del corpo emotivo semplicemente rivisitano se
stesse attraverso tutte le incarnazioni.”;
- e dato
che “Il < vecchio > corpo emotivo porta nel < nuovo > corpo
fisico tutte quelle esperienze, reazioni, e percezioni della realtà che ha ricevuto
in altri corpi fisici”.
Il problema a questo punto si sposta, e diviene
quello di liberare il < vecchio > corpo emotivo da tutte quelle
esperienze, reazioni, e percezioni della realtà che ha ricevuto in altri corpi
fisici”, al momento del suo ingresso nel < nuovo > corpo fisico.
Ovvero,
trarre lo spunto per liberarci dei problemi passati, risolvendoli; e così
lasciar andare le energie pesanti del passato. Dato che, come anche la
Jasmuheen fa derivare dalla Prof.ssa Griscom, “Le memorie o le strutture
cellulari spesso stanno alla base dei blocchi della nostra vita attuale”; e
dato che i predetti “blocchi energetici sono nati a causa delle nostre emozioni
irrisolte del passato, e sono il diretto risultato della nostra modalità di
percezione e di comprensione mentale di un evento in quel dato momento”. Dunque
anche < mentre il tempo passa >.
E come è possibile la trasformazione di cui prima
abbiamo parlato? “Con la nostra consapevolezza! Che ci permette di vedere la
vita retrospettivamente”, ma con un’orizzonte evidentemente più vasto.
Dunque: la chiave di lettura diviene la
consapevolezza, o, se si preferisce, l’acquisizione della consapevolezza.
Deepak Chopra nel suo scritto (Unconditional
life (1992)) offre una soluzione per poter pervenire all’acquisizione della
consapevolezza, e questo partendo dalle cause dei nostri blocchi. “Poiché siamo
prigionieri dei nostri pensieri, … la mente condizionata lascia poco spazio per
qualcosa di nuovo”. Ne deriva che la mente condizionata diviene una prigione,
della quale finiamo con il non vedere l’inizio e la fine (e cioè il suo
perimetro), e nella quale, di conseguenza, possiamo solo soffrire sempre più,
almeno finché non se ne trova il modo di venirne fuori.
Ma partendo da che cosa? Dal principio per cui ogni
pensiero è portatore di energie che cumula in sé; che è dunque necessario
vigilare e controllare rigorosamente su ogni pensiero che ci coinvolge; che il
campo energetico di un pensiero positivo viene subito neutralizzato ove seguito
da un pensiero non positivo o pesante; e che dunque quando ci sentiamo presi da
un pensiero non positivo o pesante, dobbiamo subito farlo seguire da un
pensiero positivo o leggero, e così “osservare come cambia la nostra realtà.”.
E la predetta operazione, ancorché non sempre
facile, è tuttavia normalmente possibile e fattibile? Chopra, muovendo dal
presupposto che “non siamo < vittime > delle nostre emozioni”, sposta
l’attenzione al rapporto causa-effetto, dove le emozioni sono l’effetto, e dove
la causa è la percezione che provoca l’emozione.
Sono dunque le “emozioni forti ed irrisolte che si
accumulano nel corpo che creano dei blocchi, ed impediscono il” normale “fluire
dell’energia libera attraverso i sistemi energetici del corpo.”. Cosicché,
soltanto “scegliendo di concentrarci sugli aspetti positivi della vita,”, e
dunque orientando il nostro < pensiero positivo >,” possiamo ottenere “in
base alle leggi sull’energia, che ogni cosa sulla quale ci focalizziamo
cresca”.
Dunque in una ottica catartica, dove il pensiero non positivo o pesante
viene da noi imperativamente rimosso e abbandonato: ma non accantonandolo;
bensì accompagnandolo ad uscire dal nostro sentire, in modo che sia la nostra
cosciente volontà a far sì che detto accompagnamento coatto divenga
profondamente sentito e proprio di ciascuno di noi. Tant’è che nel suo “La
dimensione interiore” (edizione italiana 2004), Chopra spiega che se ci “si
lascia sopraffare dal tormento”, e dunque da pensieri pesanti, “in pratica
viene annullata la capacità di ognuno di scegliere”, dato che quelle energie pesanti
che Chopra chiama “ombre”, “riescono ad accrescere un potere nascosto che”,
alla fine, “priva il soggetto del suo libero arbitrio.”, pur nella obiettiva
evidenza che “la nostra anima è alla continua ricerca di nuove vie per
raggiungere la luce.”.
In verità, potrebbe sembrare che tutto quanto
precede sia troppo filosofico e/o astruso, e comunque astratto. Ma in realtà
così non è! Dato che ognuno di noi deve invece entrare nell’ordine di idee che
non può esserci “libero arbitrio” se non c’è consapevolezza. E che dunque tutto
gira attorno alla consapevolezza ed al raggiungimento di questa.
Per semplificare il concetto, provate ad
immaginare: se un soggetto è emotivo e/o ha comunque problemi emozionali non
risolti, i limiti di detti problemi emozionali influiscono, talvolta anche
gravemente, sui suoi comportamenti.
Detto
questo, e dato che i predetti problemi emozionali si evidenziano nei comportamenti
attraverso l’istinto, alla fine l’istinto, in uno stato di non consapevolezza, prevale
sulla ragione. Ed il prevalere dell’istinto sulla ragione, fa sì che un soggetto,
spinto dai suoi problemi emozionali, nei suoi comportamenti, alla fine è
costretto a reagire piuttosto che ad agire. Proprio per mancanza di consapevolezza.
In uno stato di rapporti dove vittima e carnefice si sostanziano in un tutt’uno;
e dove vittima e carnefice sono una persona sola; dato che, per il gioco delle
parti, il carnefice ha necessità di una vittima, e dove la vittima non può fare
a meno di cercare il suo carnefice. E dato che, in mancanza, non potrebbero
esistere il ruolo del carnefice e quello della vittima.
La stessa situazione si crea quando i limiti
comportamentali provengono dal pensiero non positivo o pesante, dato che i
predetti limiti comportamentali possono eventualmente anche sfociare in
reazioni pure gravi, ove derivanti da senso dell’abbandono, da senso di
inadeguatezza, dalla mancanza di cultura, non accompagnati dalla necessaria
consapevolezza del proprio stato fisico e/o psichico e/o mentale e/o emotivo.
Dalla necessità di acquisire la dovuta
consapevolezza di ciò che ciascuno di noi è, deriva appunto che ognuno di noi è
creatore di sé stesso, e del proprio io non dominato dall’istinto. Con la
conseguenza che l’acquisizione della consapevolezza permette la gestione del sé
e dunque di se stessi. E permette di uscire, attraverso le vie più diverse, da
quel percorso obbligato che è il rapporto carnefice/vittima, dove come si dice,
e non è un caso, < Il sonno della ragione genera mostri >>! Ovvero,
quelle che alla fine della fiera, Chopra chiama “ombre”.
Quale
dunque la conclusione? Come detto sopra, con l’acquisizione della
consapevolezza, e la conseguente consapevolezza che deriva dalla cosidetta
“ < meditazione
dell’ombra >,”
- noi non
soltanto chiediamo”, rectius: imponiamo, “all’ombra stessa di iniziare a
lasciar andare.” E dunque di dissolversi,
- ma
pure consentiamo a noi stessi di assaporare qualunque emozione si affacci alla
soglia della nostra consapevolezza.
Operazione
che alla fine ci porta ad una consapevolezza talmente automatica che ci rende
sostanzialmente, e di fatto, inconsapevolmente consapevoli.
Certo,
la predetta operazione è una Impresa sicuramente
certamente “complessa”; ma certo è pure che è tutt’altro che impossibile, dato
che, “per quanto l’ombra”, possa “essere strettamente connessa alla nostra
quotidianità”, anche in modo estremo, la predetta “ombra” “non è mai così ben
celata da riuscire a rimanere lontana dalla luce” che si irradia dalla nostra finalmente
acquisita consapevolezza. O se si preferisce, dalla nostra ormai finalmente acquisita
inconsapevole consapevolezza.
Dunque, anche
< mentre il tempo passa
>, e < dopo che il tempo passa
> !
D.S. ♥