Di recente sono usciti degli
articoli di studiosi nel campo dell’astrofisica e cosmologia, dove
è stato reso noto che improvvisamente alcuni ricercatori si sono
accorti che nell’universo esiste un altro pianeta circondato da un
anello attorno al quale ruotano miriadi di oggetti dei quali ancora
non si è ben riusciti ad identificare la natura.
Qualcuno ha
immaginato che potesse trattarsi di materiali rocciosi anche lunghi
fino a 100 km, ma, com’è ovvio, trattandosi di una scoperta
recente, gli astrofisici sono a lavoro.
E tuttavia, in una dimensione
universale, .
- come è verosimile che possa esservi un altro pianeta che abbia una
struttura simile a quella della terra e dove dunque sono possibili
condizioni di vita simili alle nostre; e,
.
- come è possibile che tutti quelli che noi chiamiamo U.F.O., intesi
nel senso più generale del termine, ovvero oggetti non identificati,
possano far parte di qualcosa che ancora a noi non è conosciuta, o
comunque non esattamente identificata;
.
è tuttavia certo che neppure con riferimento alla terra tutti i suoi
risvolti sono ancora a noi ben noti.
Senza voler andare troppo
lontano, per esempio a proposito del disboscamento delle foreste
amazzoniche, non è raro ritrovare piccole comunità di indios, le
cui caratteristiche e la cui lingua sono ancora a noi perfettamente
sconosciute. Questo permette di comprendere perché, nel 1955, nel
corso del suo peregrinare per le Ande, l’antropologo Oscar Nunez
del Prado ebbe ad imbattersi nella residue comunità del popolo
Q’ero, sino ad allora perfettamente sconosciuto.
E quando Oscar Nunez del Prado
scoprì i Q’ero, da perfetto antropologo, di detto popolo cercò di
studiarne ogni aspetto ed il suo immenso patrimonio culturale e
spirituale, poi scientificamente rivelatosi, su scala mondiale, di
inestimabile valore. Patrimonio culturale e spirituale che è
diventato quasi un cavallo di battaglia della famiglia Nunez del
Prado, tant’è che la ricerca dello scopritore è stata poi
proseguita dal figlio Don Juan e dal nipote Don Ivan. Quest’ultimo,
addirittura, allevato al messaggio dei Q’ero sin da quando aveva 7
anni.
Nota: La foto di Oscar Nuñez del Prado e stata presa dal libro di Roberto Sarti "Il seme degli Inca"
Per quel che riguarda
l’Italia, nel 1997 Roberto Sarti, oserei dire mio primo mentore della Cosmovisione Andina, incontra il figlio ed il nipote
dell’originario scopritore dei Q’ero, Oscar Nunez del Prado, e,.
- tanto da quello che questi ultimi riescono a trasmettergli,
.
- quanto dall’incontro con i Q’ero,
.
come folgorato sulla via di Damasco, non soltanto ha deciso di
diffondere le conoscenze del mondo andino, ma altresì ha iniziato ad
organizzare viaggi che permettessero, sia di conoscere i più antichi
siti della regione di Cuzco (già capitale del regno incas); che la
conoscenza della hatun
karpay, ovvero il
viaggio verso la grande iniziazione alla tradizione andina.
Nel 2011 questo viaggio è
stato poi intrapreso anche da chi scrive, fondatrice
dell’Associazione Da
mas vida a tu vida,
finalizzata alla riconversione della spiritualità in energia
attraverso la rivisitazione l’esplorazione e la conoscenza di ciò
che alberga dentro ognuno di noi, e trainer delle nuove tecniche per
la riscoperta dell’io e delle proprie risorse spirituali secondo
insegnamenti già internazionalmente codificati.
Dall’incontro fra mondi ed
esperienze diverse, ed il conseguente allargamento di orizzonti che
ne è ovviamente derivato, chi scrive, con gli insegnamenti dettati
dagli Incas, ed attraverso le scoperte di Nunez del Prado, ha avuto
la possibilità di arricchire le proprie attività professionali, con
l’acquisizione di nuovi canali conoscitivi, e dunque con una nuova
linfa energetica.
“Fatti non foste a viver
come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”
diceva lo nostrano Alighiero, di florentina memoria!
Ed è questo lo spirito che
devono assumere coloro che si approcciano al mondo dei Q’ero.
Immedesimarsi in una diversa visione del mondo attraverso conoscenze
contemporaneamente antiche e nuove. Ovvero vivere la realtà
attraverso conoscenze che possono apparire leggende.
Ma quel che rileva, non è
soltanto il merito dei Nunez del Prado di aver tradotto, in un
linguaggio accessibile a noi occidentali, gli insegnamenti spirituali
dei maestri indigeni; ma bensì, e soprattutto, la cosmovisione, la
mitologia, e la capacità profetizzatrice messianica di un popolo, in
una dimensione storico-culturale ancor oggi pienamente viva e priva
di soluzione di continuità.
Cosicché, in questo contesto,
valore accessorio, ancorché assai rilevante, hanno ad un tempo
- la localizzazione specifica
dei Q’ero,
- il loro essere stati in
qualche modo popolo isolato, al fine di conservare l’antica
tradizione incaica, e,
- l’inevitabile acquisizione
del ruolo di custodi al fine di preservare vita, costumi, rituali,
struttura sociale e conoscenze di questo popolo precolombiano.
Quel che invece primariamente
rileva è la cosmovisione dei Maestri Q’ero, che si pone come
momento successivo alla trilogia Maya che, come è ben noto, e’
terminata con la fine del 2012.
E se fino al 2012 la visione
del mondo era dettata dalla predestinazione dell’individuo; la fase
successiva che si appresta a venire è dominata da un nuovo momento
centrale: l’attenzione alla positività del nostro essere. E
dunque, gli impulsi positivi che nascono dal nostro cuore, inteso,
non soltanto come centro vitale del nostro corpo, ma anche come
motore della nostra energia mentale positiva.
In buona sostanza, la nostra
sintonizzazione secondo la frequenza cardiaca, motrice del tutto.
Con la conseguenza che la
metabolizzazione di questo concetto trasforma il mito in realtà. Ed
alla realtà ci si può approcciare soltanto attraverso l’iniziazione
alla realtà.
Come poterne fare a meno? Come
potere soltanto lontanamente immaginare di porsi pregiudizialmente e
volontariamente al di fuori della realtà? Come decidere
preventivamente, senza alcun diritto, di porsi così fuori dal mondo
per il solo fatto di non voler conoscere? C’è forse chi vorrà
continuare a vivere da bruto; ma, se è vero che il sonno della
ragione genera mostri, e che dunque l’ignoranza è l’oppio dei
popoli, la scoperta di quel che non conosciamo non può essere che il
fine verso il quale protendere tutte le nostre energie.