Viene riproposta in questi giorni in
televisione, in prima serata, sulla rete 2 della Rai, la rilettura e
l’interpretazione di alcuni canti della Divina Commedia di Dante Alighieri(1)
da parte di Roberto Benigni(2).Riproposizione che, evidentemente, deriva dal pregio e dal conseguente perdurante interesse di questa storia della toscanità e del lavoro compiuto dall' artista di Castiglion Fiorentino. Non a caso, infatti, Benigni nel 2007 fu candidato al Premio Nobel per la letteratura in omaggio "all'impegno profuso in favore della diffusione" della maggior opera del Maestro fiorentino.
Deve essere innanzitutto chiaro che questo breve
scritto non intende assolutamente entrare nel merito della caratura
scientifico-letteraria dell’interpretazione; ne tantomeno vuole esprimere una
valutazione sull’operato di Benigni.
Tuttavia, l’indubbio fascino
dell’operazione letteraria; l’averla riproposta più o meno negli stessi luoghi nel
quale era stata scritta; e le appassionate spiegazioni che Benigni fa del
contesto del pensiero dantesco; generano senza dubbio rilevante interesse e
grande attrazione.
Non solo, ma
basti inoltre appena osservare quanto in Firenze si prestino allo scopo piazza
Santa Croce e la quinta offerta dal
Pantheon fiorentino, che costituiscono un teatro naturale di rara bellezza, per
rendere il tutto ancor più suggestivo.
Per entrare nello specifico, va innanzitutto
osservato che Benigni, sulla falsariga di Dante, articola la sua
interpretazione all’insegna della “fiorentinità nel mondo”, e cioè immaginandosi
come Dante, che leggeva il mondo - allora conosciuto (siamo tra la fine del 200’
ed i primi due decenni del 300’) - come se Firenze fosse effettivamente, se non
il centro, uno dei centri principali per l’osservazione di quanto creato da Dio.
Premesso dunque che è tautologico che
l’epoca di Dante e quella attuale sono assai diverse, tuttavia, per dare
maggiore interesse allo scritto dantesco, più che contestualizzarne lo sforzo
visitandolo come fosse un’opera esposta al celebre fiorentino Museo degli
Uffizi, più utile appare andare alla ricerca di analogie tra l’epoca dantesc a
e quella attuale.
Facendo ricorso ai corsi e ricorsi
storici di vichiana memoria(8), accadde allora, più o meno, quel
che accade ancor oggi, dove, “historia se
repetit”: alla centrale fiorentinità succede la centrale italianità; dove
ai Guelfi contro i Ghibellini succedono gli anti berlusconisti contro i
berlusconisti e i post berlusconisti; e dove a quel Giorgio La Pira(9), che nel secolo XX, tra gli anni 50’
e la metà degli anni 60’, immaginò Firenze come la fantastica “Città della
Gioia”, quasi fosse l’anticipazione della figura che si ritrova in quel romanzo
nel missionario Paul Lambert(10), dopo qualche decennio, si dissolve nella
annunciata “rottamazione”(11) di Matteo Renzi(12), o verso la nuova signoria dei
Grillini (13), temuta, a ragione o a torto, non meno del potere
del bacchettatore frate domenicano Gerolamo Savonarola(14).
Anche in tal caso, senza ancora e per
nulla voler entrare in alcun dibattito politico, rimane, alla fine della fiera,
la grande confusione politica, morale, e perché no anche intimistica che si
leggeva nell’epoca dantesca come in quella attuale.
All’epoca di Dante, nessuno sapeva
quale direzione avrebbe preso la fiorentinità; in epoca attuale nessuno può
sapere e/o conoscere dove ci porteranno le difficoltà del momento. Un dato
tuttavia pare certo: come tanta saggezza servì a Firenze tra il XIII ed il XV
secolo, tanta saggezza ed accurate riflessioni su quello che ognuno di noi è in
questa nostra epoca di transizione servirebbe ancora oggi.
Ed è questo forse il messaggio più
importante della rilettura di Benigni: guardare oggi dentro noi stessi per
capirci, così come Dante Alighieri con
la sua Divina Commedia aveva fatto nel 200’.
Vuol sottolinearsi, in buona
sostanza, come gli sforzi di ognuno di noi, quale che sia il campo d’azione
prescelto, politica compresa, non può prescindere da una profonda ricerca di
consapevolezza personale. Ove ognuno ha
il dovere di seminare e di raccogliere la propria semina, posto che, altrimenti,
o può venir costretto a raccogliere frutti non sempre positivamente seminati da
altri, o consente che nel proprio campo altri seminino e poi raccolgono ed apprendono
invasivamente. Da ciò l’esigenza di risvegliare sempre più la nostra mente in
un continuo divenire, al fine di far crescere e far migliorare il potere
personale di ciascuno di noi, focalizzato ad essere protagonisti e non succubi,
locomotive di noi stessi e non vagoni di altri. Dove non si presta attenzione
alle negatività per non attrarle al proprio io, e con il fine di dare ciascuno un
proprio singolare contributo di crescita personale e generale nel già spiegato gioco degli insiemi. E dove il campo vibrazionale ed energetico di ognuno di
noi, diviene una forma-pensiero dove non si rimane in attesa, ma guida
personale e stella cometa non soggetta al trasformismo di chi viene guidato
esclusivamente dall’opportunità e/o dalla vuota immagine.
Certo! E’ difficile intravedere oggi
un uomo saggio che, al pari di Virgilio, possa accompagnarci nel cammino per
uscire dallo stato di confusione attuale; ma certo è pure che una attenta
riflessione su quello che siamo stati, su quello che potremmo essere, e su
quello che saremo, non può guastare e ci aiuterà a crescere.
E
sotto questo profilo, con lo sguardo al domani, riprendendoci il nostro cuore, la
nostra mente, e la nostra capacità di intuizione e di costruzione, GRAZIE
BENIGNI!(15)
D.S. ♥
(1) Durante di Alighiero degli
Alighieri, 1265-1321.(2) Interessante rilevare, oltre ad
altre diverse analogie, pure quella tra l’opera di Benigni e lo schema dantesco,
se si tiene conto che Dante incontra Virgilio “nel mezzo del cammin di sua vita”,
e Benigni studia e commenta l’opera Dantesca aduna età sovrapponibile, essendo
nato nel 1952.(3) Alessandro VI, ovvero, Roderic
Llancol de Borja (Rodrigo Borgia), 1431-1503, Papa dal 1492 al 1503. (4) Deriva dall’essere divenuti Re di
Sicilia per investitura del Papa, Carlo I d’Angiò (fratello del capetingio Re
di Francia Luigi IX d’Angiò detto “Il Santo”) per mano del francese Urbano IV
nel 1263, la collocazione guelfa della Francia. Collocazione guelfa e filo
francese che infatti nella politica francese si ritroverà costantemente nei
secoli, sin quasi alla presa di Roma (1870).(5) Pier Capponi, 1447-1496, già Ambasciatore
di Lorenzo il Magnifico, e poi, dopo la morte di quest’ultimo, capo della Repubblica
di Firenze dal 1494 al 1496.(6) Carlo VIII di Valois, 1470-1498,
Re di Francia dal 1483 al 1498.(7) Non è dubbio che l’opposizione di
Pier Capponi alle mire francesi derivasse dal rifiuto di corrispondere quelle
grosse somme di denaro pretese dall’invasore francese, ma è altrettanto
indubbio che, in un’ottica di seguito dello scontro fra Guelfi e Ghibellini, se
attaccata, Firenze, nonostante in età repubblicana, avrebbe ricevuto un qualche consistente aiuto
dall’autorità imperiale.(8) Vedansi le teorie di Giambattista
Vico, 1668-1744.(9) Giorgio La Pira, 1904 – 1977, Sindaco
di Firenze dal 1951 al 1958 e dal 1961 al 1965, talvolta indicato come “Il
Sindaco Santo”. Dal 1986 ne è in corso la causa di beatificazione.(10) Dominique Lapierre, La Città della gioia, Arnoldo Mondadori
Editore, Milano, 1985. (11) “Rottamazione” in un’ottica di rinnovamento, spesso
temuta e vissuta come uno schema di “dispotismo illuminato” con il fine della
“rottamazione”. Nel linguaggio corrente, il termine “rottamazione” è divenuto
indicativo del pensionamento forzato della vecchia classe dirigente di un partito
o di un movimento o di un settore della Società.(12) Matteo Renzi, esponente di primo
piano della nuova dirigenza emergente all’interno del Partito Democratico (PD)
in Italia. Renzi, nato nel 1959, è stato Presidente della Provincia di Firenze dal
2004 al 2009, ed è, dal 2009, l’attuale Sindaco di Firenze.l . (13) Così
indicati tutti coloro vicini al Movimento 5 Stelle (M5S), alle elezioni
nazionali del Febbraio 2013. (14)Gerolamo Maria Francesco Matteo Savonarola,
frate domenicano, 1452-1498, filo francese, vicino a Carlo VIII di Valois
(vedasi supra). Nel suo tempo fu un costante bacchettatore della decadenza dei
costumi, nel 1497 organizzatore del falò delle vanità che vide la scomparsa di
innumerevoli capolavori d’arte, ritenuto eretico e per questo nello stesso 1497
scomunicato da Papa Alessandro VI (vedasi supra). Morì condannato al rogo. Nel
1997 l’Arcidiocesi di Firenze ne ha avviato la causa di beatificazione. 15)
Il quale, peraltro, in alcune sue
diverse iniziative, non sempre è apparso condivisibile.
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