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lunedì 26 novembre 2012

LE COINCIDENZE. Natura delle coincidenze, e proposta per affrontarle. Valore da attribuire alle coincidenze.



Sempre più testimone di affascinanti coincidenze di cui la nostra vita è costellata, mi sono dunque più volte ritrovata a riflettere su di esse.

Mi rendo perfettamente conto delle difficoltà di approccio che sorgono relativamente al miglior modo per investigare sulle coincidenze,  ma ritengo anche che, oltre ad una ripetuta lettura e metabolizzazione di questo scritto, riflettere su quel che affermavano e scrivevano, già nel 1952, lo psichiatra ed antropologo C. G. Jung (1875-1961) ed il fisico W. Pauli (1900-1958), entrambi svizzeri, ed alla fine strettamente legati da un rapporto amicale e di collaborazione del quale si dice “in un rapporto in cui «Pauli non capiva niente di psicologia e Jung non capiva nulla di fisica»”, è indispensabile.

 E cioè, sulla scia di Jung, che “ le tradizionali nozioni di causalità non erano in grado di spiegare alcune delle forme più improbabili di coincidenza dato che anche dove nessun nesso causale può essere dimostrato tra due eventi, un rapporto significativo pur necessariamente esiste tra di loro. Con la conseguenza che un tipo completamente diverso di principio deve pur essere in funzione dato che “un fenomeno interno, psichico, si collega comunque ad un evento esterno, reale.”.

In verità, in base alla legge dell’attrazione, inevitabilmente, tutto quello che noi pensiamo, immaginiamo, creiamo con la nostra mente, e materializziamo con la nostra fantasia, si avvicina a noi.

La stessa dinamica di avvicinamento si verifica, poi, anche al momento in cui ci soffermiamo ad analizzare le coincidenze. Analisi, che, successivamente, non soltanto estende il numero delle coincidenze che possono capitarci, ma espande la nostra capacità di comprendere essenza e significato delle coincidenze stesse.

Detto questo, va innanzitutto compreso che, in generale, le coincidenze sono quelle tracce che ci propone la volontà dell’universo, il quale universo, attraverso dette tracce, evidenzia a noi quanto possa essere unidirezionale la predetta volontà ed il nostro desiderio. Di modo che, sia che noi andiamo nella medesima direzione che l’orizzonte ci propone, sia che noi percorriamo la direzione guida che la volontà dell’universo ci indica, entrambe le strade ci consentono di approfittare delle più diverse opportunità che la vita di ogni giorno ci offre.

Va poi osservato che la predetta sintonia tra i nostri pensieri e la predetta volontà, al momento in cui da noi percepita e metabolizzata come un fatto oggettivo e consolidato, ci rende sempre maggiormente sensibili a quelle coincidenze che l’universo ci invia. Dobbiamo soltanto essere in grado di raccogliere, accogliere, ed analizzare le coincidenze che si verificano, ancorché l’operazione, inizialmente, potrebbe non essere così scontatamente semplice. Tuttavia, quanto più forte è la coincidenza che ci viene proposta, quanto più intensamente la nostra attenzione sarà attratta dalla coincidenza che l’universo ci pone, ovvero, alla attenzione della nostra anima. 

Anima che, di detta coincidenza dovrà far tesoro dopo averla metabolizzata, e di detta coincidenza dovrà divenirne alla fine, non solo coautrice, ma anche ed in qualche modo artefice primaria. 


Anima che, alla fine del percorso di metabolizzazione farà interamente propria la verificatasi coincidenza. In questo quadro dunque, la forza dell’anima è direttamente proporzionale alla forza della traccia che riceve dall’universo; la quale, a sua volta, è pure direttamente proporzionale all’imprevedibilità della coincidenza stessa. 

Ma attenzione: solo inizialmente la forza della traccia dell’universo può apparire come qualcosa a noi estranea, dato che, in realtà, detta forza, passata al filtro dell’anima, diviene la forza dell’anima stessa, e ne fa un tutt’uno con quello che è meglio per noi. In questo senso così, alla fine, la forza della traccia dell’universo, e l’anima che in questo si inserisce e ne fa parte, diventa uno zenit del quale non potremmo più fare a meno. Ecco perché quando affrontiamo una coincidenza è sempre necessario chiedersi sempre quale messaggio contenga.

Viene dunque qui in rilievo il modo di affrontare le coincidenze, ovvero il modo di cogliere e di analizzare, come in una indagine, le coincidenze che ci capitano, anche ricorrendo ad esempi che possono essere assolutamente indicativi. 

Un ottimo modo per analizzare i comportamenti di ciascuno di noi rispetto alle coincidenze, potrebbe essere quello, sistematico, di far sì che la persona coinvolta diventi osservatore di se stesso, un po’ come ad esempio accade a quel soggetto esterno, che chiameremo terzo, che attorno ad una scacchiera osserva una partita fra due giocatori di scacchi. Partita nella quale l’osservatore è certamente terzo, e la cui terzietà gli consente, dato che non primariamente coinvolto nel gioco, una maggiore serenità nel valutare se le mosse dei due giocatori siano rispettivamente le più appropriate o meno. Una situazione in cui la partita è la coincidenza, e voi siete ad un tempo, un giocatore e l’osservatore, in due diversi ruoli che però non si incontrano mai. Come se vi divideste in due persone distinte. 

E se dopo la fine della partita, e cioè dopo il verificarsi della coincidenza, rifletterete sulla partita alla quale avete assistito, non soltanto avrete la possibilità di ancor meglio valutare gli eventuali errori dei due giocatori, e dunque anche quelli da voi commessi (sia chiaro che per errori devono intendersi le coincidenze non colte); ma soprattutto avrete la possibilità di elaborare una serie di mosse opportune, che durante la partita non eravate riusciti ad individuare, e che dopo la partita, dopo attenta riflessione, avete invece immaginato come da compiersi in quanto possibili e risolutive.
Questo tipo di operazione di indagine, che può essere comunque ed in ogni caso utilizzata in ogni altro aspetto della vita, vi porterà alla fine, ancorché magari non ve ne rendiate immediatamente conto, pure a giocare a scacchi anche durante il vostro sonno. Vero è poi che di detta indagine, in quanto compiuta durante il vostro sonno, dopo che risvegliativi, ed a livello conscio, potreste non rilevarne traccia, ma vero è pure che, quanto recepito a livello inconscio, in quanto più o meno velocemente riversatosi a livello conscio, e dunque le mosse che voi compirete, saranno successivamente guidate da una ormai raggiunta consapevolezza. Consapevolezza che alla fine vi porterà ad essere coscienti del vostro Sé superiore. 

Al tirar delle somme, dunque, come pure attentamente si rileva, il pensiero consapevole finisce con l’essere una forza energetica che coinvolge il vostro piano conscio e inconscio, che vi guida, e che influenza ogni piano della vostra vita, stato e materia fisica comprese; tant’è che “ogni istante è importante perché contiene innumerevoli scelte probabili”. Ne deriva che dovrete assumervi la totale responsabilità, alla fine consapevole, di ogni atto. Ovvero, come diceva Gandhi, “Sii il cambiamento che
 vuoi vedere avvenire nel mondo!".


Dalla capacità di consapevole decisione dipende poi un vortice di energia, dove le realtà potenziali, ovvero quelle che noi creiamo, attendono in fila come tanti ordinati soldatini di essere scelte. In una situazione in cui ogni vostra potenziale decisione attende di movimentare un’energia personale di supporto e di rinforzo della vostra versione del mondo.

Con la conclusione che al momento di maggior consapevolezza, non soltanto detta consapevolezza, intesa come attenzione e scelta di quel che noi vogliamo e riteniamo il meglio per noi stessi, va intesa come segnale del risveglio della nostra mente, ma va metabolizzata anche nel senso che detta consapevolezza coincide con il risveglio di una coscienza percettiva del più alto fine che la vita/universo ci propone, anche attraverso le coincidenze.

In ultimo, un ulteriore sottolineatura della ineludibile necessità del processo di consapevolezza.

Rilevato che chi commette un errore, anche se ha identificato l’errore nel quale è incorso, è naturalmente portato a ricommetterlo, - salvo che non vi ponga freno -, va pure aggiunto che assai spesso si sente affermare “riesco molto bene a capire le dinamiche degli altri, e a dare di conseguenza i suggerimenti migliori, ma non sono altrettanto bravo a comprendere dette dinamiche quando riguardano e/o coinvolgono me”. 


Bene! Ed allora, è necessario porre un freno al fine di non ricommettere gli stessi errori del passato. Così, quando si vogliono abbandonare abitudini negative, o quando si vogliono recidere dinamiche attitudinali di reiterazione di comportamenti negativi precedenti, dato che le due predette dinamiche sono assolutamente sovrapponibili, è proprio tutto quel che prima si è spiegato che da il senso a tutta l’operazione di analisi che ci siamo prefissi. 

Quale in conclusione il valore da attribuirsi alle coincidenze? Cinque sembrano le alternative che la forza dell’anima di ciascuno, con la raggiunta consapevolezza, dovrà riuscire ad individuare:

1)   o lo stimolo a perseguire una nuova strada, suggerita dalle coincidenze;
2)   o il completamento di una iniziativa o di un percorso già intrapreso sotto l’impulso dell’anima;
3)   o il perseguimento di una esperienza di cui, eventualmente, si era soltanto accarezzata l’eventualità ed alla quale si era invece predestinati;
4)   o la concreta possibilità del raggiungimento di un desiderio alla luce delle leggi sull’attrazione;
5)   o la necessità di un ulteriore momento di riflessione che ci si impone sul nostro percorso onde evitare, o di perdere la nostra meta, o disperdere il tempo per raggiungerla.

La consapevolezza, dunque, come bussola per guardare nella più profonda essenza del nostro essere, e così scoprire quel che la nostra anima ha veramente voluto e/o vuole veramente, per noi. Anche attraverso una necessaria consapevole indagine delle coincidenze, che diviene dunque tutt’altro che secondaria o trascurabile.  
D.S.




3 commenti:

  1. Impostazione affascinante. C'è però da spiegare il rapporto tra Jung (psicoanalista) e Pauli (fisico), che a prima vista sembrerebbe incomprensibile. Jung metteva in stretta relazione la fisica e la psicoanalisi, sulla base di un parallelismo tra le due cose. Così, ai tre punti della fisica classica (tempo, spazio, e causalità) ne aggiunse un quarto. la Sincronicità. Ovvero, quando si ritrova una connessione fra eventi, psichici o oggettivi, che avvengono in modo sincrono, e cioè nello stesso tempo, e tra i quali non vi è alcuna relazione causa-effetto al di là di una evidente comunanza di significato. Concretizzando le sincronicità nelle "coincidenze significative", Jung rilevava che una coincidenza significativa ha tre caratteristiche: 1) i fatti che la caratterizzano sono collegati senza un rapporto di causa-effetto, 2) essa è sempre accompagnata da un’intensa reazione emotiva soggettiva, 3) il contenuto dell’esperienza ha sempre un carattere simbolico. Le parole chiave divengono dunque “soggettività” ed “emozione”. Benchè, infatti, si continua a dire che la Sincronicità è un mistero ancora irrisolto, una cosa è sicura, e cioè che come è stato più volte dimostrato, esiste una relazione tra gli eventi.
    Così come lo pschiatra Jung aveva tentato di fare con il fisico Pauli, noi in futuro, forse con la Fisica Quantistica, riusciremo prima o poi a scoprire come si collegano e si evolvono gli eventi tra loro. In modo tale che quella che ancora oggi chiamiamo impropriamente "coincidenza casuale", domani potrà divenire un meccanismo comprensibile, logico, e da tutti oggettivabile ed apprendibile. alla portata di tutti. Come si dice, Un meccanismo logico, chiaro e comprensibile, che oggi sfugge ai nostri sensi.
    In ogni caso, complimenti! Ugo (da Vigevano).

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    1. Ugo, hai perfettamente ragione! Racconta il giornalista Rino Di Stefano quella avvenuta nell'estate del 1979 in Norvegia, ripresa dai quotidiani locali. Il quindicenne Robert Johansen pescando in un fiordo aveva catturato un bel merluzzo di cinque chili che orgogliosamente aveva poi portato alla nonna Thekla Aanen per pranzo.
      Si può immaginare lo stupore e la commozione della donna quando, pulendo il pesce, ebbe a trovare nello stomaco un anello di diamante che lei stessa aveva perso pescando in un fiordo dieci anni prima. Quel gioiello era un ricordo di famiglia che le donne si tramandavano di generazione in generazione e, alla fine, era tornato a casa. Prima o poi capiremo il perché del meccanismo. Daniela sei bravissima!!! Eloise73

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