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domenica 24 febbraio 2013

L’UOMO, ALL’ALBA DEL TERZO MILLENNIO. Il ruolo dell’essere umano da membro di una comunità a soggetto della stessa.


Nei due millenni, diciamo, d. C. (dopo Cristo), si è assistito ad una ben diversa connotazione dell’essere umano, nel primo millennio a costruire, e nel secondo millennio a consolidare.

Ne sono prova, ad esempio, gli Stati. In breve, ed assai sommariamente, gli unici popoli che in qualche modo anteriormente all’anno mille potevano, e dunque ancor oggi possono, rivendicare l’essere stati Stati, intesi come unicità di popolo, nazione, e territorio, sono stati gli spagnoli, gli inglesi, i francesi, i danesi, gli ungheresi, i giapponesi, gli egiziani, e forse gli etiopi.

Al di là delle tensioni che l’essere umano ebbe ad avvertire alla fine del primo millennio, dove ebbe a regnare sovrana la paura della fine del mondo, successivamente, l’alba del secondo millennio, con l’alto medioevo, vide l’essere umano sempre più proiettato a costruire delle strutture che lo ponessero in una casa Statuale, al riparo dalle brame di egemonia dei popoli vicini. Ed infatti, nel nono secolo del secondo millennio ebbe in qualche modo fine quel processo di unificazione degli Stati, in Europa Italia e Germania innanzitutto, intesi come casa nella quale, in teoria, poter crescere e prosperare. 
Certo, in una dimensione mondiale, così non può dirsi ad esempio per i popoli del continente africano, ancora visti più come proprietà da sfruttare, che invece come popoli autonomi ed indipendenti  con i quali convivere (Liberia esclusa).


Ma altrettanto evidente è pure che, alla fine del secondo millennio, nascono tutta quella serie di organismi internazionali che, sempre in teoria, avrebbero dovuto garantire la serena e civile convivenza di popoli, oltre che contribuire al loro sviluppo.
E l’uomo? Più o meno sino alla metà del secondo millennio, l’uomo, anche come essere umano, veniva visto come una risorsa unicamente statuale da far valere in caso di guerra, o comunque in caso di necessità politiche. Poca o nessuna attenzione verso l’essere umano. 


Dalla metà del novecento in poi, dopo la ancora incompresa bufera della seconda guerra mondiale, l’essenza dell’essere umano ha iniziato a fare la sua comparsa nelle ottiche dei diversi governi nazionali. Che si sono avvalsi dei grandi sognatori. Ma che poi i grandi sognatori (come Gandhi, Martin Luther King, etc.) hanno però successivamente sfruttato a fini politici, o comunque a fini personali e/o secondo logiche di potere.


Bene!, e così si arriva all’inizio del terzo millennio, quello attuale.
Dove lo Stato non dovrebbe essere un bene astrattamente primario, ma si configura come una somma di eccellenze, quale è la somma delle vere identità e coscienze di tutti i suoi membri. Così, in questa ottica, il passaggio dallo Stato come somma numerica dei suoi componenti allo Stato come somma delle coscienze dei singoli che lo compongono, diviene, con tutta evidenza, esigenza primaria. Ed è altrettanto evidente che viene dunque primariamente in rilievo l’essenza dell’essere umano, ovvero, l’essenza di ognuno di noi quale elemento cardine dello Stato inteso come organizzazione umana.  


In questo quadro, il più grande dono che ognuno può fare  al proprio essere umano, inteso quale soggetto che fa del ragionamento il proprio punto cardinale fondamentale, consiste nello sviluppare la propria mente, perché divenga sempre più aperta e indagatrice, e sempre più pronta a nuove considerazioni. Nell’ambito di una realtà che, muovendosi su un continuo divenire, ridefinisce sistematicamente ed ogni volta il corso dell’esperienza umana.



E tuttavia proprio partendo dal predominio dell’uomo come essere pensante, non può essere dubbio che ciascun essere pensante, in quanto somma di proprie particolarissime esperienze, si inserisce nella propria aggregazione umana, e poi nel mondo, grazie alle singole creazioni di ciascuno. Singole creazioni personali che, come piccoli insiemi, finiscono con l’inserirsi in un quadro più grande nel quale trovare ulteriori soluzioni che possono e devono essere generali. Nuove soluzioni che, ovviamente, alla fine non potranno che aumentare la singola consapevolezza di ciascuno della propria valenza ed importanza.


E’ il concetto matematico dell’insieme. In quanto esistenti singolarmente come insiemi, ed in quanto inseriti in altro insieme più grande, dove convivono insiemi più grandi con insiemi più piccoli, a prescindere che omogenei o eterogenei, non soltanto acquisiamo la coscienza di personalità multidimensionali, ma acquisiamo altresì la coscienza di poter comunicare e agire in questi scenari con diversi gradi di rilevanza. Rilevanza che deve sfuggire alle logiche di mero potere, dato che in tal caso, taluni parlano di successi di alcuni singoli su altri, altri si esprimono in termini di influenza di singoli su altri singoli.

Cosicché, dall’interagire all’interno degli insiemi delle diverse comunicazioni delle loro varie parti, o dall’interagire fra insiemi, deriva, piaccia o no, una nuova dimensione consapevole, nella quale, in qualche modo, ogni posizione che si assume verso se stessi, e soprattutto verso l’esterno, comporta in ogni caso l’assunzione di un rischio: il rischio di essere.

Fare affidamento sui vostri talenti significa dunque leggere i segnali che rivelano la trasformazione della vostra coscienza.


Quando siete tesi, costruite una fortezza intorno alla vostra mente. E quando create dei blocchi attorno a voi, ostacolate il vostro raggio di azione su vari livelli di realtà (si ricordi che i blocchi vengono spesso erroneamente evidenziati come meccanismi di difesa).

In realtà, esiste la necessità di acquisire una nuova inattaccabile attenzione che ciascuno deve avere verso le proprie intenzioni, poiché esse hanno il potere di condizionare e di definire lo spazio intorno a noi ed il rapporto con gli altri esseri umani. E’ così la teoria dell’intenzione che finisce con l’attrarre quello che immaginiamo. E con l’intenzione, ogni singolo individuo, dando corpo ad una sua volontà o a un suo desiderio, finirà con il compiere una sempre maggiore quantità di scelte. In una mente integrata e ben equilibrata, che vibra ad una frequenza inattaccabile dalle influenze negative.
 
Se infatti è vero che interagire con la nostra realtà significa indirizzare noi stessi a guidare il nostro potere personale interiore, detta interazione finisce con l’essere, in quanto diritto inalienabile della coscienza di ciascuno, lo strumento necessario anche per poter influire sul mondo che ci circonda.

Ogni singolo pensiero e ogni sentimento hanno infatti una specifica forma vibrazionale. Ne è prova la natura, ove appena si osservi che le piante e gli animali possono essere con il nostro modo di essere molto cooperativi, quando impariamo a focalizzare la nostra attenzione per comunicare con loro.




E così, quando diamo il giusto valore alle nostre energie, possiamo divenire mentalmente vigili, fiduciosi, e con il cuore aperto, dato che all’interno del nostro campo di azione e di energia si stabilisce un grande equilibrio. Lasciare dunque pieno spazio alla nostra energia richiede un forte cambiamento della nostra coscienza; che, a seguire, si concretizza in una condizione di crescita pure in termini di consapevolezza spirituale.

Per creare consapevolmente ciò che vogliamo, necessita dunque uno stato di rilassamento interiore, che va cercato in ogni modo, anche con l’ausilio di terzi, che ci consenta di rilassarci, per poi focalizzare l’attenzione sulle nostre intenzioni. Al fine di esplicare tutto il potenziale del nostro potere interiore.




Questa la direzione dell’uomo/essere umano all’alba del terzo millennio: una direzione che ponga la primaria attenzione verso il modo in cui usare la mente. Per produrre quelle frequenze di consapevolezza che getteranno una luce sempre maggiore verso la generale coltre di ignoranza che ancor oggi avviluppa l’umanità, e che in qualche modo la controlla.
D.S. 

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