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domenica 18 agosto 2013

Mi sento … come una “marziana” … !


Ogni anno, più o meno dal mese di Maggio, le fantasie della gente, ovvero di noi tutti, si dirigono verso il periodo estivo in arrivo.
Verso un periodo quindi, dove l’immaginario collettivo che viene chiamato riposo sembra esclusivamente rivolto, o a costruirsi un abbronzatura non fittizia (e cioè acquisita innaturalmente) e cioè “a mostrar al solleone le chiappe chiare” (come diceva un ben noto vecchio brano musicale di Gabriella Ferri1); o ad immaginare un periodo di riposo che spesso periodo di riposo non è, dato che le normali incombenze quotidiane vengono puramente e semplicemente ritrasferite nel periodo di vacanza.
E neppure può dirsi che l’attuale periodo di crisi ha in qualche modo colpito soltanto coloro che hanno ancora la possibilità di andare in vacanza, dato che le incombenze casalinghe e/o comunque della quotidianità, figli, mariti, compagni, casa, sia che si rimanga in città, sia che ci si trasferisca in una seconda casa, vanno comunque affrontate.

Così come ancora, sia che si rimanga nella casa di città, sia che ci si trasferisca in una seconda casa, ipotizzando di andare a mare di mattina per ritornare a casa la sera nulla varia nell’impostazione dell’analisi, dato che, di questi tempi, anche andare a mare diventa un problema. Si pensi allo stress della calura; alle interminabili code in automobile; alle inevitabili discussioni su quello che può essere successo al mare; alle diatribe filosofiche ed inconcludenti su quel che ha fatto Tizio, su quel che ha detto Caia, su come si sono comportati i vicini di ombrellone, su come gestire la prossima “andata al mare”, su come o con che cosa riempir il desco una volta riconquistata l’agognata meta casalinga.

E né a dire che più fortunati sono coloro che dispongono di maggiori disponibilità economiche, i quali, ahimè, devono comunque sempre sopportare lo stress di dover continuamente immaginare qualcosa di nuovo da fare e/o da inventarsi. Altrimenti, cosa poi potrebbero raccontare ai loro compagni di bisboccia?

In verità, pochi elaborano la necessità di riprendersi il cuore; e ancora pochi comprendono che il modo migliore per acquisire un sano relax, non è certamente quello di inseguire la delirante follia collettiva di un presunto stato di riposo, non si sa perché preordinato come uguale per tutti, ma bensì quello invece rivolto ad una migliore rielaborazione di se stessi ed ad uno sforzo di riflessione di quello che nell’anno di lavoro si è svolto.

Forse perché nell’anno di lavoro che precede il momento di relax si è svolto poco, o lo si è svolto male? Non è dato di sapere; ma certo è che, per uno strano miscuglio di ragioni, il periodo di riposo viene spasmodicamente soprattutto cercato da coloro i quali, nell’anno precedente all’estate, di lavoro ne hanno visto poco per non dire che non ne hanno visto affatto.

Qui non vuol dirsi certamente che, oltre a quelli che un lavoro c’e l’hanno, offerte e/o ipotesi di lavoro abbondano in ogni dove, soprattutto se si riflette su quelle recenti statistiche che vorrebbero i venditori cinesi, a prescindere che graditi o meno, abbandonare l’Italia perché ritenuto un paese, se non povero, che si avvia verso insospettati ed insospettabili tassi di povertà. Vuol dirsi invece, non soltanto che non vengono rivitalizzati quei lavori che sembravano scomparsi, per esempio in agricoltura o nel campo dell’artigianato; ma pure che comunque la creatività di ognuno, continua a non superare tutto quello che si ferma all’apparenza. E basta.



In verità, se la gente non avesse perduto la memoria, e avesse preso maggiori lezioni dal passato, ricorderebbe che durante la guerra, e dunque in un periodo di piena crisi economica, i cosiddetti cittadini (abitanti in città) avevano grosse difficoltà a preparare qualcosa da mettere in tavola; mentre chi viveva della natura, i cosiddetti campagnoli (quelli che vivevano in campagna), seguendo i ritmi del sole, e la psicologia che questo imponeva, se la passavano molto meglio. Ma i tempi sono così, nessuno ricorda le buone lezioni del passato, e tutti continuano ad inseguire, o il posto fisso che non c’è (dalla fine degli anni 60’ quasi esclusivamente gestiti con finalità clientelari), o alla ricerca dell’immagine, o alla ricerca di un posto in fabbrica quando le fabbriche chiudono sempre più, o ancora rivolgendosi ad altre soluzioni che di tutto quel che qui precede altro non sono che imitazioni sul tema.

 In un quadro generale dove i giovani vengono instradati su miti che sono falsi miti; e dove i non più giovani (vecchi e/o anziani compresi), invece, non vengono riqualificati per il contributo che potrebbero offrire. Con il risultato finale che noi diveniamo parte di un programma, che è quello che ci hanno attualmente imposto, dove non soltanto non c’è spazio per la costruzione, ma anche dove chi si avvede che ove non c’è costruzione vi è una trappola nascosta che limita il nostro sé interiore diviene inevitabilmente un marziano, soprattutto se non si limita a vedere, ma compie anche delle scelte che sono scomode perché di rottura. E così finendo con il diventare due volte marziano, uno: al momento in cui rompe gli schemi e ragiona; e, due: perché agisce dopo aver rotto.

In Italia, invece, non ci si è ancora accorti che i due punti fondamentali per la rinascita del Paese devono essere individuati nella salvaguardia e nella conservazione dei suoi innumerevoli siti turistici e nella riqualificazione di un territorio sempre più devastato, piuttosto che invece in chimere la cui riuscita è tutt’altro che certa e prevedibile. Dato che i luoghi full optional, se apparentemente costano di meno e danno di più, in realtà costano di più e danno di meno, considerato oltretutto che in realtà vietano quel contatto con sé stessi che invece darebbero i luoghi dove domina la natura. Dunque, al contrario di come dovrebbe essere, i luoghi di vacanza più ricercati sono quelli nei quali regna l’immagine, e distraggono dal contatto con sé stessi.

Tanto è vero che, tanto per fare qualche esempio, si pensi a che cosa gli italiani sono riusciti a fare del sito archeologico di Pompei, del Palazzo dei Montefeltro a Urbino, dei borghi medievali di cui è pieno il paese, e dei fabbricati monumentali che adornano i centri storici delle città e dei piccoli paesi. Spesso totalmente abbandonati e/o vuoti, lasciati a consumarsi e/o a massacrarsi sotto le ingiurie del tempo che tutto finisce col distruggere (un esempio tipico è l’antico e stupefacente borgo di Craco2, ormai interamente abbandonato anche da coloro che vi risiedevano). Borgo sito in provincia di Matera, gravemente danneggiato dalla incosciente mano dell’uomo3, che, nella peggiore delle ipotesi, in tutti i Paesi del mondo sarebbe divenuto uno spettacolare museo a cielo aperto nel quale far passeggiare gli amanti della bellezza “A’ la recherche du temps perdu” di proustiana memoria4.



O, per raccontare qualche aneddoto capitatomi, a Roma, in una strada storica e centralissima, se chiamo un taxi e do come punto di riferimento LungoTevere all’altezza dell’Accademia d’Ungheria (Palazzo Falconieri), alle spalle di Palazzo Farnese, mi aspetto che uno che fa il tassista al centro di Roma dovrebbe avere l’accortezza di essere un po’ creativo e di sapere dove sono almeno i siti centrali di maggior interesse. A prescindere che scelga l’ingresso dell’Accademia da via Giulia o dal lungoTevere. Invece di limitarsi a conoscere soltanto l’ultimo risultato sportivo della Roma o della Lazio. O no?!

E, sempre a Roma, quest’inverno hanno aperto una parte di Palazzo Farnese, e neppure la più bella, che ho visitato, e dove le didascalie delle varie sale e di quanto esposto – una minima parte della celeberrima Collezione Farnese – erano curate dai funzionari della Sopraintendenza di Roma.

Ebbene, la mostra, che si svolgeva sotto il controllo dell’Ambasciatore di Francia che si aggirava nelle sale (si ricordi che Palazzo Farnese a Piazza Farnese in Roma è l’Ambasciata di Francia presso lo Stato Italiano), conteneva certamente almeno due didascalie errate, che denotavano quantomeno la totale ignoranza sia dei predetti funzionari che dell’Ambasciatore.

Una prima didascalia sosteneva che, nel corso secoli, la celebre Collezione Farnese per un certo periodo si sarebbe trovata raccolta nel palazzo. Circostanza del tutto falsa perché l’intera Collezione Farnese non vide mai Roma; e quando Carlo III di Borbone divenne Re di Napoli, e prima ancora che la madre di quest’ultimo, Elisabetta Farnese, morisse, la collezione passò (tra il 1735 ed il 1739) direttamente da Parma a Napoli senza mai fermarsi a Roma (che, peraltro, all’epoca si trovava pure in uno Stato diverso e straniero (Stato Pontificio)) 5. Io avrei anche potuto non saperlo, ma avendo degli amici a Napoli che mi hanno portato a visitare tanto la Reggia di Capodimonte quanto il seicentesco Museo Archeologico Nazionale, ho imparato la storia della Collezione Farnese. Ma i funzionari della Sopraintendenza di Roma, che invece sono pagati per sapere della storia della predetta Collezione, loro no, non avevano il diritto di scrivere stupidaggini.

Una seconda didascalia voleva che l’ultimo Re delle Due Sicilie Francesco II di Borbone6 e la moglie Maria Sofia7 si sarebbero trasferiti a Roma quando “cacciati da Napoli a seguito dell’arrivo di Garibaldi”. Circostanza anche questa assolutamente falsa perché Francesco II ripara a Roma, non da Napoli, ma dopo l’eroico e disperato tentativo di resistenza nella roccaforte di Gaeta8.


Premesso dunque che se non fosse che in una ottica di generale rivalutazione della donna nell’Ottocento, attraverso uno straordinario libro del celebre giurista Pier Giusto Jaeger8 avevo conosciuto delle gesta della Regina e del marito, e dunque avevo conosciuto la verità dei fatti; certo è che alla luce di quanto avevo acquisito, non potevo non concludere che quella didascalia, non soltanto era stata redatta da ignoranti che non conoscevano uno dei passaggi fondamentali della caduta del Regno delle Due Sicilie e della nascita del nuovo Stato Italiano; ma, fatto non meno grave, quella didascalia sottolineava pure l’ignoranza monumentale dell’Ambasciatore di Francia che questi fatti non poteva non conoscere, se non altro per il fatto che Francesco II e Maria Sofia lasciarono Gaeta su sollecitazione dei loro fedelissimi che ne volevano difendere l’incolumità, nonostante la disperazione dei predetti fedelissimi - che erano davvero tanti – e che temevano la chiusura di un’epoca, proprio su navi francesi messe a disposizione dell’ultimo Re napoletano dall’Imperatore di Francia Napoleone III9.


E dopo aver protestato ad alta voce per la delirante falsità delle didascalie, una delle hostess, candidamente non sorpresa, ebbe rispondermi che diverse persone si erano lamentate di quanto falsamente veniva riportato nelle didascalie. E meno male!

Gli aneddoti di cui prima ho fatto cenno possono sembrare banali, ma così non è!
Sono invece solo rilevanti e gravi esempi per sottolineare che, se ognuno non diventa ricercatore di se stesso e delle verità nascoste da quel che invece ad arte ci raccontano, non può aspettarsi che terzi vengano in suo soccorso e difesa. Dato che “una cosa è certa: un Paese che non sa da quale passato arriva, difficilmente è in grado di capire il presente, e, quel che è peggio, rischia di non essere capace di progettare il proprio futuro” 10. E così finendo con il bersi tutte le stupidaggini che gli vengono propinate anche al fine di in tal modo bloccare la sua creatività ed il suo risveglio.

Se ognuno di noi non si difende attraverso la propria professionalità e/o la propria diligenza; se ognuno non si fa carico di essere esperto nella sua ordinaria attività quotidiana, tanto che faccia il tassista, il medico, l’ingegnere (vedi sopra l’esempio di Craco e la nota esplicativa), il sacerdote, l’impiegato e/o il funzionario di un ente specie se pubblico, non può imputare tutto a fattori esterni, come sistematicamente avviene.

 Ed allora, in sintesi, come vogliamo qualificare lo stato di chi non ha interesse a rivitalizzare la sua creatività la sua curiosità ed il suo risveglio: ignoranza?, trasandatezza?; o preferiamo il classico “ma chi se ne frega!”?
Dato che, tra un “chi se ne frega!” oggi, ed un “chi se ne frega!” domani, siamo arrivati al fondo del barile?

In verità ancora continuiamo così, anche se poi non smettiamo di lamentarci che siamo il Paese più disinformato dopo quelli africani. Ma se siamo i primi a non avere più interessi, ed ove altri non hanno interesse a propinarci le loro stupidaggini, perché altri dovrebbero impegnarsi a creare un progetto e rivitalizzarci al posto nostro?

Noi, per nostro conto, abbiamo il dovere di  legare creatività e risveglio ad un nostro progetto; altrimenti facciamo il gioco dei manipolatori, e non possiamo poi lamentarci delle manipolazioni. Il compito è per noi impegnativo e gravoso, ma è anche l’unico modo che abbiamo per salvarci e sottrarci alla incessante manipolazione quotidiana dei cialtroni. Basta lamentarci, è finito il tempo di limitare la nostra reazione a dolerci di tutto e/o su tutto. La lamentela ha finito con il prendere il sopravvento sulle cause che hanno dato luogo ai nostri lamenti, ma non se ne può più. Smettiamola di pensare, ad esempio, che un governo può risolvere i nostri problemi se poi noi non siamo i primi ad essere interessati a sporcarci le mani per guardarci dentro e ad eliminare ciò che non va. Passiamo all’azione! .
Nasce dunque la necessità di una riflessione, di un attenta riflessione, di una grave autocritica, di un vigoroso esame di coscienza: operazione che può aver luogo soltanto da un “Big Bang” 11 che deve albergare dentro ognuno di noi. “Big Bang” che ha dato origine a questo Blog, che appunto si chiama, “Riprendiamoci il cuore”.

Infatti, soltanto restituendo importanza e attenzione  a ciò che la merita veramente, e soltanto riprendendo coscienza di ciò che noi siamo veramente nel profondo del nostro animo, possiamo muovere le nostre stelle. Stelle che non sono quelle, in qualche modo traditrici, del 10 di Agosto, e che si cercano nella notte di San Lorenzo. Dato che la notte delle stelle di San Lorenzo, e cioè la notte delle stelle cadenti, le stelle che vediamo cadere sono fatue perché in esse materializziamo quello che vorremmo, ed alle quali affidiamo interamente le effettuate materializzazioni. Invece che muovere da un ottica costruttiva per cui per ogni stella che cade un’altra ne nasce, e attorno ad essa costruiamo il desiderio di noi a materializzare ciò che il nostro cuore ci suggerisce. Altrimenti, alla sola stella cadente e traditrice affideremmo pensieri che non si realizzerebbero mai.

Guardare quel che ci circonda con gli occhi dei bimbi che tutto cercano di conoscere; non accontentarci di sommarie spiegazioni su quel che accade o su quel che ci circonda; sistematicamente cercare la creatività anche quando sembra che per la creatività non ci sia spazio; rimettere anche con energica determinazione le mani dentro di noi, rimescolando noi stessi al fine di  risuddividere quel creatosi misto di poltiglia e di energia che alla fine dentro di noi è diventata fango, e così lasciando scorrere il fango e lasciare in evidenza soltanto l’energia depurata da ogni scoria. E dunque finalmente risollevandoci, ma avendo come fondamenta della nostra nuova creatività una rinnovata energia depurata da scorie che ci fa vivere in modo nuovo e diverso anche le nuove esperienze che viviamo.


Tutto questo non significa affatto gettare all’aria la globalità di quello con cui abbiamo convissuto fino ad oggi; ma significa invece incanalare le nostre nuove esperienze con il saggio accompagnamento della nostra guida interiore che trae linfa vitale dalla nostra rinnovata energia.

Dove finiamo con il dare importanza e rilevanza soltanto a quelle cose, a quelle persone, e a quegli accadimenti che sono veramente importanti e nutrienti; e dove lasciamo quelle che Totò12 avrebbe chiamato impareggiabilmente “quisquilie” 13.

Certo!, tutto questo è un lavoro, anche pesante; ma è pure l’unico vero lavoro che possiamo svolgere in un momento in cui non siamo appresi dalle necessità quotidiane di sostentamento, in un momento di relax, ed è l’unico lavoro che può portarci lontano.
La continua ricerca della nostra anima, di ciò che essa desidera, di ciò che essa vuole che si materializzi, la ri-creazione di un nuovo nostro insieme pronto a confrontarsi con quello che il domani con altri insiemi ci proporrà, e pronto, perché no, a meglio assorbire le prevedibili future pesantezze per sostituirle con diverse leggerezze, diviene dunque fondamentale e preliminare. E che qualcuno non pensi “ma tanto le negatività che poi ritroviamo sono sempre le stesse”: perché, se questo è vero; è pur vero anche che, quanto più noi saremo diversi, quanto maggiore sarà la nostra capacità di rapportarci a quel che domani ci aspetta.

Non si tratta dunque del principio matematico per cui “invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia”, dato che riprendendoci il nostro cuore, e riprendendo dunque noi stessi, i fattori non si invertono ma bensì cambiano. E questo è uno spunto di riflessione che, così impostato, vale perfettamente ed è assolutamente applicabile anche nelle ipotesi in cui in questo periodo di relax ci si dovesse confrontare con eventuali negatività.


Certo, poi è possibile che in uno schema di rivitalizzazione del nostro cuore venga la voglia di buttare tutto all’aria, e di dire di quasi tutto che “nulla è importante e dunque chi se ne frega”; ma vero è anche che, in conclusione, e quando è necessario, soltanto da uno o più passi indietro di ognuno di noi possono acquisirsi le forze interne per correre in avanti, e farsi un altro giro di campo.



E così, riprendendo un vecchio adagio di un brano musicale di Eugenio Finardi, dopo aver detto “extraterrestre portami via, voglio una stella che sia tutta mia … 14, sono atterrata a Lanzarote, luogo che ben ispira alla riflessione ed alla meditazione, da dove mi sembra di vedere ancor di più le cose da extraterrestre, da “marziana”, con un processo che tende sempre più a stabilizzarsi,  e da dove vi mando un caro saluto e un augurio di buona riflessione.
D.S.


NOTE :
1) Brano musicale del 1973, dal titolo “Tutti al mare”, originariamente interpretato dalla grande folk singer romana Gabriella Ferri (1942-2004).
2) Craco: comune della Basilicata le cui origini si fanno risalire all’VIII secolo a. C., ormai considerato città fantasma, e per questo più volte set cinematografico di vari films. Fu abbandonato nel 1963 quando contava circa 2000 abitanti, che oggi sono poco più di 500, a causa di una frana che sembra fosse stata provocata da maldestre opere di infrastrutturazione, fogne, e reti idriche realizzate a servizio dell’abitato. All’epoca i tecnici previdero, poggiando Craco su terreno in parte argilloso, che la frana si sarebbe allargata sino a coinvolgere l’intero paese, e da questo conseguì l’esodo dei suoi abitanti; ma la frana, dopo l’esodo dei suoi abitanti, ed inspiegabilmente, ebbe poi a fermarsi. Cfr. < it.wikipedia.org/wiki/Craco >.
3) Ibidem in < http//it.wikipedia.org/wiki/Craco >.
4)A’ la recherche du temps perdu”, opera dello scrittore francese Marcel Proust (Valentin Louis Georges Eugène Marcel Proust, 18711922), scritta tra il 1909 ed il 1922, e pubblicata tra il 1913 ed il 1927. Il romanzo, suddiviso in sette volumi, con altre opere proustiane, è stato ampio oggetto di analisi della critica letteraria mondiale.
5) Almeno su questo la più attenta storia e la migliore storiografia concordano pienamente. Fra tutti si veda l’eccezionale monografia del celebre giurista triestino Pier Giusto Jaeger (1936-2008), Francesco II di Borbone. L’ultimo Re di Napoli,        Le Scie, Mondadori, Milano, 1982, passim.
5) La importantissima Collezione Farnese componeva di tre grandi tronconi, inizialmente siti a Roma, Parma, e Piacenza. Agli inizi del XVII secolo Ranuccio II Farnese (1630-1694) trasferisce la parte romana della Collezione a Parma, al Palazzo della Pilotta, con le sole eccezioni delle sculture rinvenute a Roma.
Quando il Re di Napoli e di Sicilia Carlo III di Borbone (1716-1788) decise di trasferire il grosso della Collezione a Napoli, la sede di Palazzo Farnese in Roma non fu neppure presa in considerazione. Né mai diventò la sede principale della Collezione, sempre suddivisa fra Parma e Piacenza. Scrivere dunque che Palazzo Farnese vide, o tutta, o comunque la parte più rilevante della Collezione Farnese, cosa mai verificatasi, è a dir poco una panzana!
6) Francesco II di Borbone (1836-1894), Re delle Due Sicilie dal 1859, anno in cui sposò Maria Sofia di Wittelsbach Duchessa di Baviera (vedasi appresso la nota 7)). Sovrano illuminato e liberale, nonostante un regno temporalmente breve, passa alla storia sia per le numerose riforme effettuate, che per la valorosa resistenza nell’assedio di Gaeta del 1860/1861, che ancora per la sua prodigalità verso il Regno napoletano anche quando non più a Napoli. Ad esempio, nel 1862, nonostante già esule, e nonostante non navigasse nell’oro, inviò ingenti somme di denaro ai napoletani colpiti da una delle eruzioni del Vesuvio. Dalla moglie ebbe una unica figlia, Maria Cristina Pia, nata nel Natale del 1869 e spentasi ad appena tre mesi nel 1870. Da quando fu costretto a lasciare il Regno scoppiarono per anni scontri fra legittimisti ed esercito piemontese, che causarono numerosissime vittime, troppo spesso anche civili innocenti, e che nella storiografia si leggono falsamente come fenomeni di brigantaggio. Dopo la morte del Re, nei primi anni 30’ del 900’, a seguito di durissimi scontri con Mussolini, Umberto II, quando ancora era Principe ereditario, pretese e ottenne che le salme di Francesco II, della moglie, e della loro unica figlia riposassero insieme in Roma, dove vennero riportate con tutti gli onori. Nel 1984, nel corso di una solenne cerimonia, le spoglie di Francesco II e della sua famiglia sono state infine riportate in Napoli, nella Cappella Borbone della Basilica di Santa Chiara, ove oggi riposano nel generale rispetto ed ossequio.
7) Maria Sofia, nata Wittelsbach Duchessa di Baviera (1841-1925). Sposò nel 1859 Francesco II a 18 anni, e poco dopo, sempre nel 1859 divenne Regina delle Due Sicilie. Fra le tante perle che si ricordano della Regina, celebri sono rimasti i suoi atti di eroismo durante l’assedio di Gaeta, che la vide incurante dei cannoni soccorrere i feriti anche a rischio della sua incolumità personale. Tant’è che più di una volta gli imbarazzati cannonieri sabaudi dovettero sospendere i tiri per non colpire la Regina.
8) Pier Giusto Jaeger (1936-2008), celebre giurista triestino, professore ordinario di Diritto Commerciale prima all’Università di Parma,e poi all’Università di Milano. Lascia numerosi scritti di diritto, e due celebri saggi storici, uno sull’ultimo Re delle Due Sicilie Francesco II di Borbone, ed uno sulla storia delle guerra di Crimea e l’assedio di Sebastopoli. Come scrisse il Corriere della Sera in un articolo del 24/07/2008, con la sua morte “lasciava il ricordo di un uomo straordinario, nel segno della genialità e dell’eleganza intellettuale.”. Vedasi anche  Pier Giusto Jaeger,  Francesco II di Borbone. L’ultimo Re di Napoli, op. cit., passim.
9) Pier Giusto Jaeger, Francesco II di Borbone. L’ultimo Re di Napoli,  op. cit., passim.
10) Cfr., Giovanni Fasanella - Antonella Grippo, 1861, Sperling & Kupfer, Cles (TN), 2010, XI.
11)  Con il termine “Big Bang” i cosmologi si riferiscono generalmente a quell’idea che vuole l’universo avere iniziato ad espandersi a partire da un momento precisamente individuato ed individuabile in una condizione iniziale estremamente calda e densa. Da questa condizione originaria, spesso raffigurata in una palla, sarebbe derivata l’espansione dell’universo.
12) Totò, nome d’arte del celebre attore, comico, commediografo, paroliere, poeta, e sceneggiatore napoletano Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito di Bisanzio de Curtis Gagliardi, o, più semplicemente Antonio de Curti (1898-1967). Di nobilissime origini, posto che ritenuto l’ultimo erede dell’Impero Romano d’Oriente, poi Impero di Bisanzio, membro della massoneria ai più alti gradi gradi, nonostante avesse lavorato con i massimi artisti del suo tempo, e nonostante universalmente riconosciuto come una delle massime espressioni della Commedia dell’Arte, fu spesso violentemente osteggiato dalla critica. Alla sua morte, il regista Mario Monicelli tardivamente ebbe a rilevare come “Con Totò forse abbiamo sbagliato tutto! Lui era un genio, non solo un grandissimo attore. E noi lo abbiamo ridotto, contenuto, obbligato a trasformarsi in un uomo comune tarpandogli le ali.” In  < it.wikipedia.org/wiki/Totò .>
13) uisquilieQIl grande Totò usava sempre il termine “quisquilie” come sinonimo delle parole “bazzecole”, “pinzillacchere”, “sciocchezzuole!”.
14) Frase tratta da un brano musicale del 1978, dal titolo “Extraterrestre”, contenuto nell’album Blitz, del cantautore Eugenio Finardi (1952-).


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