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giovedì 21 marzo 2013

Viaggio nel presente: la Felicità e l’arrivo della Primavera: svegliamoci !


Riprendiamoci il nostro cuore, la nostra mente, il nostro modo di essere, la nostra essenza. E, riinnamoriamoci di noi stessi, di quello che veramente siamo.
Più volte in questo blog abbiamo parlato di arte, di storia, di scienza. Certo, un percorso impegnativo e forse inusuale per un blog. Ma questa è la strada che per ora ho scelto e che voglio perseguire.

Nel momento in cui la crisi di tutto ci costringe a ripiegarci sull’essenziale, che finisce con il costituire una formidabile nostra arma di difesa, l’unica fortezza dentro la quale possiamo ripararci è l’essere noi stessi, la nostra fantasia, la nostra creatività, la nostra capacità di immaginare il bello ed ove possibile di realizzarlo. Attraverso le idee, attraverso la nostra capacità propositiva e positiva, attraverso il bello nell’arte, attraverso quella tensione che ci porta e riflettere su quel che siamo e su come migliorarci e far progredire tutto ciò che sta attorno a noi. E’ una operazione che all’inizio può forse apparire virtuale, ma su questa strada avremo modo di vedere e constatare che in realtà nulla è virtuale. Tutto è infatti assolutamente e profondamente reale.  
Mi viene in mente quel racconto di un vecchio Signore siciliano, un gattopardo scomparso da circa trentacinque anni, uno dei massimi esperti italiani di elettronica e di elettrotecnica peraltro mai trasfusa in dotti insegnamenti accademici, sposato e senza figli, il quale era appassionato di calcio. E quando guardava le partite alla televisione, le seguiva non con il commento del telecronista, ma con il muto. E sovrapponendo alle immagini televisive una radio accesa, con il commento della medesima partita da parte del radiocronista. Sulla base del principio che il racconto dell’immagine da parte del telecronista era meno completa di quella del radiocronista, essendo le eventuali carenze del commento del primo mediate dall’immagine visiva, e dovendo invece il commento del secondo essere assolutamente completo e fedele in ogni sua parte per far vedere agli occhi del cuore e della mente quel che poteva essere reso vivo soltanto attraverso la parola. E dovendo dunque il radiocronista rendere reale il virtuale. Con la ovvia conseguenza che, visti così i fatti, il virtuale non esiste più, dato che tutto, o è reale, o prima o poi diviene reale.
                                     
La stessa operazione di cui sopra va riproposta e sottoposta all’attenzione ed alla cura di ciascuno di noi, oggi (mi esprimo così, non volendo usare quello squallido neologismo, oggi sempre più in voga, “attenzionare“), soprattutto considerando che dal 21 Marzo entriamo nella nuova fase della Primavera, e dunque in una fase di rinascita.

Ma andiamoci per gradi. Con una scelta di tempo che non pare casuale, l’O.N.U. (Nazioni Unite) e l’Unesco, con l’accordo dei 193 Stati membri, e per il giorno 20 Marzo, corrispondente al giorno immediatamente precedente all’ingresso della Primavera, ha indetto la “Giornata internazionale della Felicità. Anche se taluni rilevano che, considerato l’attuale generalizzato periodo di crisi, indire una giornata mondiale della Felicità non può non lasciare più che perplessi, in linea generale l’iniziativa potrebbe anche essere condivisibile. E ciò nonostante sia pur vero, che a furia di crolli annunciati e disastri confermati; fallimenti finanziari e scandali di ogni tipo; instabilità politiche e conflitti permanenti; la ormai dimenticata crisi del ’92 – ’93, conseguente alla prima guerra del Golfo; e tenuto conto dell’attuale semicrac di Cipro, e della prossima annunciata insolvenza della Slovenia, è il momento più difficile dal Secondo Dopoguerra. Tant’è che, dopo aver facilmente constatato che un ciclo di crescita molto lungo si è interrotto, e dopo aver ovviamente purtroppo previsto che la generazione dei nostri figli sarà la prima ad essere più povera della precedente; al tirar delle somme più che il fondo del barile, stiamo raschiando quello della storia.
Rilevato che la Felicità precede immediatamente la Primavera, si sarebbe portati a pensare che i due momenti sono collegati. Eppure scopriamo di no; tant’è che la predetta Organizzazione sovranazionale lega il momento della Felicità, non a un momento di rinascita o di nuova nascita quale è la Primavera, né tantomeno al nostro risveglio interiore, o ad un nostro momento intimistico. La Felicità viene invece collegata ad un malinteso sviluppo su base esclusivamente economica, dato che così si legge nel comunicato delle Nazioni Unite che oggi promuove, attraverso,  la Giornata Internazionale della Felicità la nuova priorità globale. Ma, è vero che più una Nazione è produttiva, più è felice? E vero quanto sostiene il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, e cioè che “Felicità è aiutare gli altri,” dato che “quando con le nostre azioni contribuiamo al bene comune, noi stessi ci arricchiamo.”; dato che “E' la solidarieta' che promuove la felicità"; e dato che è "La compassione promuove la felicità e contribuirà a costruire il futuro che vogliamo"; ben considerato che dietro la compassione può ben nascondersi l’interesse degli Stati ricchi a finanziare, contro lauti interessi, gli Stati che, magari anche per loro colpa (vedi la Grecia), sono alla frutta?

E’ corretto misurare la felicità, come ha fatto il Bhutan sin dagli anni 70’, con il parametro della Felicità Interna Lorda (Gross National Happiness - GNH) che si differenzia del resto del mondo, che da sempre rincorre la certezza economica del PIL (Prodotto Interno Lordo)?
Può essere una soluzione, nell’attuale quadro di generalizzata crisi economica , tener conto del BIL (Benessere Interno Lordo), ovvero del livello di felicità dei cittadini, invece del PIL?
Certo!, è vero che come si dice, La felicità è un obiettivo fondamentale dell’umanità”; ma certo è pure che partire dal momento economico, dove ci sarà sempre chi cerca di fare il furbo, non può funzionare ed infatti non funziona! Tant’è vero che si osserva che nel Bhutan, Stato asiatico arrampicato sui monti e di ridotta estensione (47.000 km2, e cioè poco più dell’Olanda), il valore del benessere spirituale, secondo gli insegnamenti del pensiero buddista, è anteposto a quello materiale, pur nella frequente mancanza di acqua potabile e/o dei diritti civili.


Non è dunque assiomatico o sempre vero quel che sostiene l’O.N.U., e cioè che "le persone riconoscono che il progresso non dovrebbe portare solo crescita economica a tutti i costi, ma anche benessere e felicità''.
E così viene in rilievo il 21 Marzo, l’arrivo della Primavera, la rinascita che consegue al letargo. Nel quadro delle vicende successive alle dimissioni di Papa Benedetto XVI, e dunque in previsione dell’elezione del nuovo Pontefice, di recente si è fra l’altro letto su un quotidiano (a firma: www.antoniosocci.com) << Del resto a Fatima, la Madonna – che ha fatto quella richiesta al Papa – ha anche domandato ai tre bambini di pregare e sacrificarsi per la fine della Prima guerra mondiale, evidenziando così che ogni semplice cristiano (a cominciare dai più piccoli) grazie alla preghiera e all'offerta di sé ha un <<potere>> sulle cose del mondo superiore a quello dei governi. >>.
Attribuendo dunque alla preghiera ed all’offerta di sé un valore di attrazione delle coscienze verso il fine supremo della pace.  Qui non si vuole certamente entrare nel merito delle dinamiche religiose conseguenti agli accadimenti di Fatima. E meno che mai entrare nelle relative dinamiche teologiche che coinvolgono credenti e non credenti. Tuttavia, il sopracitato nostro metodo appare assolutamente corretto condivisibile, foriero di grandi positività, e perché no, di quella felicità che consegue alla riscoperta della nostra essenza.
Riscoprire noi stessi, il potere creativo della nostra mente, il potere che la nostra positività esercita su noi stessi e sugli altri, vicini o lontani, comunque si configura come quel << potere >> che ognuno di noi possiede e che deve essere perseguito e sviluppato a prescindere dai nostri personali ed individuali interessi. Nel più generale schema della condivisione di un generale insieme che contenga insiemi diversi.
Se dunque la preghiera e l’offerta di sé hanno di per sé un assoluto valore di attrazione delle coscienze degli altri, perché la nostra personale creatività, il potere della nostra mente, la nostra personale crescita, non possono pure costituire momento di attrazione verso le coscienze che ci circondano, e che con noi costituiscono quell’insieme che è la collettività?.
Da qui la necessità del risveglio di ognuno di noi, del risveglio delle nostre coscienze, del risveglio della nostra mente. Della necessita di risvegliare, anche con l’odierno ingresso della Primavera, e dunque di rivalutare, tutto quel patrimonio che sta dentro ognuno di noi e che costituisce il nostro bagaglio personale (e genetico). Acquisendo alla fine anche la capacità di difenderci da falsi imbonitori. Con la nostra creatività; con il nostro personale ed intimo contributo; senza dormire. Perché sarà pure un luogo comune, ma certo è che, < CHI DORME NON PIGLIA PESCI ! >
D.S.
 

sabato 9 marzo 2013

Viaggio nella memoria: attualità della Divina Commedia di Dante Alighieri, alla luce dell’interpretazione di Roberto Benigni.

Viene riproposta in questi giorni in televisione, in prima serata, sulla rete 2 della Rai, la rilettura e l’interpretazione di alcuni canti della Divina Commedia di Dante Alighieri(1) da parte di Roberto Benigni(2).Riproposizione che, evidentemente, deriva dal pregio e dal conseguente perdurante interesse di questa storia della toscanità e del lavoro compiuto dall' artista di Castiglion Fiorentino. Non a caso, infatti, Benigni nel 2007 fu candidato al Premio Nobel per la letteratura in omaggio  "all'impegno profuso in favore della diffusione" della maggior opera del Maestro fiorentino.
Deve essere innanzitutto chiaro che questo scrittoquestoquesto breve scritto non intende assolutamente entrare nel merito della caratura scientifico-letteraria dell’interpretazione; ne tantomeno vuole esprimere una valutazione sull’operato di Benigni.
Tuttavia, l’indubbio fascino dell’operazione letteraria; l’averla riproposta più o meno negli stessi luoghi nel quale era stata scritta; e le appassionate spiegazioni che Benigni fa del contesto del pensiero dantesco; generano senza dubbio rilevante interesse e grande attrazione.
Non solo, ma basti inoltre appena osservare quanto in Firenze si prestino allo scopo piazza Santa Croce e la quinta  offerta dal Pantheon fiorentino, che costituiscono un teatro naturale di rara bellezza, per rendere il tutto ancor più suggestivo.

Per entrare nello specifico, va innanzitutto osservato che Benigni, sulla falsariga di Dante, articola la sua interpretazione all’insegna della “fiorentinità nel mondo”, e cioè immaginandosi come Dante, che leggeva il mondo - allora conosciuto (siamo tra la fine del 200’ ed i primi due decenni del 300’) - come se Firenze fosse effettivamente, se non il centro, uno dei centri principali per l’osservazione di quanto creato da Dio.
 
Premesso dunque che è tautologico che l’epoca di Dante e quella attuale sono assai diverse, tuttavia, per dare maggiore interesse allo scritto dantesco, più che contestualizzarne lo sforzo visitandolo come fosse un’opera esposta al celebre fiorentino Museo degli Uffizi, più utile appare andare alla ricerca di analogie tra l’epoca dantesc a e quella attuale. 
 Lo scritto di Dante, infatti, si pone in un momento molto alto dello scontro politico fiorentino, dove le guerre tra Guelfi e Ghibellini erano la norma, dove l’età Comunale aveva iniziato il suo percorso di dissolvimento verso la Signoria dei Medici, e dove comunque la Città di Firenze aveva resistito orgogliosamente tanto ai Ghibellini appoggiati dall’Impero quanto ai Guelfi sostenuti dal Papa (si ricordi che, a prescindere dalla strumentale opposizione del Papa di allora, lo spagnolo Alessandro VI(3), i guelfi Re di Casa Valois, in quanto francesi, rivendicavano l’eredità degli Angiò, divenuti Re di Sicilia per investitura del Papa, e comunque una sorta di diritto di protezione sul Papa e sullo Stato pontificio(4). E si ricordi ancora, per salvare la dignità fiorentina, quello che nel 1494 oppose Pier Capponi(5) al francese Re di Francia Carlo VIII di Valois(6), che Firenze voleva militarmente sottomettere, “Se voi suonerete le vostre trombe, noi suoneremo le nostre campane! (7).
 
Facendo ricorso ai corsi e ricorsi storici di vichiana memoria(8), accadde allora, più o meno, quel che accade ancor oggi, dove, “historia se repetit”: alla centrale fiorentinità succede la centrale italianità; dove ai Guelfi contro i Ghibellini succedono gli anti berlusconisti contro i berlusconisti e i post berlusconisti; e dove a quel Giorgio La Pira(9), che nel secolo XX, tra gli anni 50’ e la metà degli anni 60’, immaginò Firenze come la fantastica “Città della Gioia”, quasi fosse l’anticipazione della figura che si ritrova in quel romanzo nel missionario Paul Lambert(10), dopo qualche decennio, si dissolve nella annunciata “rottamazione”(11) di Matteo Renzi(12), o verso la nuova signoria dei Grillini (13), temuta, a ragione o a torto, non meno del potere del bacchettatore frate domenicano Gerolamo Savonarola(14). 
Anche in tal caso, senza ancora e per nulla voler entrare in alcun dibattito politico, rimane, alla fine della fiera, la grande confusione politica, morale, e perché no anche intimistica che si leggeva nell’epoca dantesca come in quella attuale.
All’epoca di Dante, nessuno sapeva quale direzione avrebbe preso la fiorentinità; in epoca attuale nessuno può sapere e/o conoscere dove ci porteranno le difficoltà del momento. Un dato tuttavia pare certo: come tanta saggezza servì a Firenze tra il XIII ed il XV secolo, tanta saggezza ed accurate riflessioni su quello che ognuno di noi è in questa nostra epoca di transizione servirebbe ancora oggi.
Ed è questo forse il messaggio più importante della rilettura di Benigni: guardare oggi dentro noi stessi per capirci, così come  Dante Alighieri con la sua Divina Commedia aveva fatto nel 200’. 
Vuol sottolinearsi, in buona sostanza, come gli sforzi di ognuno di noi, quale che sia il campo d’azione prescelto, politica compresa, non può prescindere da una profonda ricerca di consapevolezza personale.  Ove ognuno ha il dovere di seminare e di raccogliere la propria semina, posto che, altrimenti, o può venir costretto a raccogliere frutti non sempre positivamente seminati da altri, o consente che nel proprio campo altri seminino e poi raccolgono ed apprendono invasivamente. Da ciò l’esigenza di risvegliare sempre più la nostra mente in un continuo divenire, al fine di far crescere e far migliorare il potere personale di ciascuno di noi, focalizzato ad essere protagonisti e non succubi, locomotive di noi stessi e non vagoni di altri. Dove non si presta attenzione alle negatività per non attrarle al proprio io, e con il fine di dare ciascuno un proprio singolare contributo di crescita personale e generale nel già spiegato gioco degli insiemi. E dove il campo vibrazionale ed energetico di ognuno di noi, diviene una forma-pensiero dove non si rimane in attesa, ma guida personale e stella cometa non soggetta al trasformismo di chi viene guidato esclusivamente dall’opportunità e/o dalla vuota immagine.   
 
Certo! E’ difficile intravedere oggi un uomo saggio che, al pari di Virgilio, possa accompagnarci nel cammino per uscire dallo stato di confusione attuale; ma certo è pure che una attenta riflessione su quello che siamo stati, su quello che potremmo essere, e su quello che saremo, non può guastare e ci aiuterà a crescere.    
E sotto questo profilo, con lo sguardo al domani, riprendendoci il nostro cuore, la nostra mente, e la nostra capacità di intuizione e di costruzione, GRAZIE BENIGNI!(15) 
D.S.  
NOTE :
(1) Durante di Alighiero degli Alighieri, 1265-1321.(2) Interessante rilevare, oltre ad altre diverse analogie, pure quella tra l’opera di Benigni e lo schema dantesco, se si tiene conto che Dante incontra Virgilio “nel mezzo del cammin di sua vita”, e Benigni studia e commenta l’opera Dantesca aduna età sovrapponibile, essendo nato nel 1952.(3) Alessandro VI, ovvero, Roderic Llancol de Borja (Rodrigo Borgia), 1431-1503, Papa dal 1492 al 1503. (4) Deriva dall’essere divenuti Re di Sicilia per investitura del Papa, Carlo I d’Angiò (fratello del capetingio Re di Francia Luigi IX d’Angiò detto “Il Santo”) per mano del francese Urbano IV nel 1263, la collocazione guelfa della Francia. Collocazione guelfa e filo francese che infatti nella politica francese si ritroverà costantemente nei secoli, sin quasi alla presa di Roma (1870).(5) Pier Capponi, 1447-1496, già Ambasciatore di Lorenzo il Magnifico, e poi, dopo la morte di quest’ultimo, capo della Repubblica di Firenze  dal 1494 al 1496.(6) Carlo VIII di Valois, 1470-1498, Re di Francia dal 1483 al 1498.(7) Non è dubbio che l’opposizione di Pier Capponi alle mire francesi derivasse dal rifiuto di corrispondere quelle grosse somme di denaro pretese dall’invasore francese, ma è altrettanto indubbio che, in un’ottica di seguito dello scontro fra Guelfi e Ghibellini, se attaccata, Firenze, nonostante in età repubblicana,  avrebbe ricevuto un qualche consistente aiuto dall’autorità imperiale.(8) Vedansi le teorie di Giambattista Vico, 1668-1744.(9) Giorgio La Pira, 1904 – 1977, Sindaco di Firenze dal 1951 al 1958 e dal 1961 al 1965, talvolta indicato come “Il Sindaco Santo”. Dal 1986 ne è in corso la causa di beatificazione.(10) Dominique Lapierre, La Città della gioia, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1985. (11) “Rottamazione” in un’ottica di rinnovamento, spesso temuta e vissuta come uno schema di “dispotismo illuminato” con il fine della “rottamazione”. Nel linguaggio corrente, il termine “rottamazione” è divenuto indicativo del pensionamento forzato della vecchia classe dirigente di un partito o di un movimento o di un settore della Società.(12) Matteo Renzi, esponente di primo piano della nuova dirigenza emergente all’interno del Partito Democratico (PD) in Italia. Renzi, nato nel 1959, è stato Presidente della Provincia di Firenze dal 2004 al 2009, ed è, dal 2009, l’attuale Sindaco di Firenze.l . (13) Così indicati tutti coloro vicini al Movimento 5 Stelle (M5S), alle elezioni nazionali del Febbraio 2013. (14)Gerolamo Maria Francesco Matteo Savonarola, frate domenicano, 1452-1498, filo francese, vicino a Carlo VIII di Valois (vedasi supra). Nel suo tempo fu un costante bacchettatore della decadenza dei costumi, nel 1497 organizzatore del falò delle vanità che vide la scomparsa di innumerevoli capolavori d’arte, ritenuto eretico e per questo nello stesso 1497 scomunicato da Papa Alessandro VI (vedasi supra). Morì condannato al rogo. Nel 1997 l’Arcidiocesi di Firenze ne ha avviato la causa di beatificazione.  15) Il quale, peraltro, in alcune sue diverse iniziative, non sempre è apparso condivisibile.
 
 
 
 


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