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martedì 28 agosto 2012

Il controllo delle emozioni nei maestri/leaders.


Del rapporto “Maestro > discepolo” già si è detto. Si osserva tuttavia che molto spesso, e bisognerebbe dire troppo spesso, il maestro, nel senso più generale del termine, viene, ahimè, considerato anche leader. Tant’è che viene osservato che “non a caso esiste il detto: Non guardate quello che fa il maestro, ma ascoltate quello che dice”.

Ovvero un modo molto elegante per, da un lato attribuire ogni valore e significato a quel che il maestro trasmette, e dall’altro per far acquisire una coscienza critica su tutto quello che viene trasmesso, affinché possa costituire un ulteriore momento di riflessione, ed eventualmente farvi trovare nuovi sbocchi e nuove direzioni derivanti da quel che vi viene trasmesso.

Si provi ad immaginare a quella colossale sciocchezza che in questi tempi va per la maggiore, e che riguarda la famosa frase di De Gasperi sempre così - letteralmente - riportata “Un politico pensa alle nuove elezioni, uno statista alla prossima generazione”. Come se il pensare alla prossima generazione potesse essere estrapolato ed indipendente dalle basi politiche ed ideali che vengono poste per la elezione successiva (ad esempio, non è dubbio che Winston Churcill fosse un grande statista che pensava alle prossime generazioni, ma questo non gli impediva di pensare alle prossime generazioni attraverso le prossime elezioni (che alla fine della seconda guerra mondiale pure perse, nonostante detta guerra avesse vinto)).

E l’abnormità della affermazione è ancora maggiore ove appena si rilevi che il pensare alla prossime generazioni in nessun modo può essere estrapolato  dalle basi normative e di predisposizione che vengono e/o dovrebbero essere poste progressivamente nelle elezioni che si susseguono, dovendosi altrimenti ammettere che potevano avere perfettamente ragione i dittatori del 900’ quando sostenevano che i loro atti erano diretti alle successive generazioni, e così infischiandosene totalmente dell’eventuale consenso popolare che poteva loro derivare da regolari elezioni, ove indette. 

Viene così in evidenza la necessità per cui un leader, ovvero uno statista o un rappresentante politico o di qualsiasi livello, preventivamente all’assunzione della sua qualità di dirigente o di rappresentante di qualcosa compia un preventivo screening delle proprie attitudini emozionali. Attitudini emozionali che, dove celate, lo convincono altrimenti a diventare onnipotente. Onnipotenza che poi coinvolge anche i suoi simili i quali alla fine finiscono con il divenire e costituire quella che si chiama casta.

E viene pure in rilievo la ovvia differenza che precisamente intercorre tra i termini di  maestro, leader, e leadership, dato che si assiste ad una non condivisibile confusione di termini che fa corrispondere la leadership al vero leader. Figura, dunque, che vorrebbe essere collocata tra il maestro ed il leader, ed alla quale, sola, si attribuisce, non è dato comprenderne il motivo, la possibilità di leadership.

Non è certamente questa la sede per disquisire su quale può essere il modo migliore per difendersi da una casta o il modo per smantellare una casta. Il problema non è politico (dato che in questa sede non si intende affatto far politica), ma attiene all’analisi della correttezza dei metodi ed ai loro obiettivi.

 Così un dato tuttavia certo sul quale riflettere è quello per cui lo scarso controllo delle emozioni dei leaders, ha finito col far considerare maestri/leaders, e dunque statisti, soggetti che statisti non erano affatto, dato che tutt’al più potevano considerarsi grandi personaggi o soggetti animati da grande buona volontà. Ma se è vero che a questo punto dovrebbero differenziarsi i veri maestri/leaders dai sognatori, dai velleitari, dai demagoghi, e dai manipolatori, e premesso che l’inferno è lastricato di buone intenzioni, è estremamente dubbio ed errato che tutti i considerati maestri/leaders, puramente e semplicemente possano lasciare un segno nelle generazioni a venire. Dato che questa deve ritenersi una forzatura da non potersi condividere.

Ricorrendo alle scienze economiche, un ottimo imprenditore, nel senso borghese del termine, è quello che crea. Tuttavia quello che normalmente un ottimo imprenditore crea, si estingue in tre generazioni: il padre crea, il figlio conserva, il nipote distrugge. Lo stesso metro può essere applicato ai maestri/leaders. Quando il messaggio dei leaders si distrugge in tre generazioni, i leader tutto possono essere tranne che maestri/leaders, anche se il loro messaggio sia privo di stati emozionali negativi, e dunque astrattamente detto messaggio potrebbe ipoteticamente essere assimilato a quello di maestri/leaders. E sino ad oggi, a parte Cristo ed il Suo Messaggio, non pare che altri possono rivendicare i medesimi titoli. Non certamente gli umani, ove taluni, sia pur certamente, rientrano tra i grandi personaggi e/o tra gli Uomini di buona volontà (vedasi i messaggi di Mohandas Karamchand Gandhi, ovvero, del Mahatma Gandhi).

L’osservazione primaria delle cose vuole infatti che “una guida illuminata viene resa stabile nel mondo dell’essere, dove non c’è bisogno di adottare una strategia per arrivare in cima.” (cfr. Deepak Chopra, L’anima del vero leader, Cesena, agosto 2012, passim). Se dunque si sviluppa il proprio potenziale per un obiettivo di grandezza, non soltanto si sviluppa quel medesimo potenziale anche negli altri, ma si osserverà che le persone con le quali vieni in contatto “si rivolgeranno a te per ottenere guida e per ricevere direttive su come procedere.”. 

Questa base di partenza elimina tutti i presunti maestri/leaders appunto dal ruolo di maestri/leaders, ove appena si osservi che gran parte di quelli che noi conosciamo come maestri/leaders sono invece soltanto leaders, posto che avevano o hanno necessità di una strategia per emergere.  

Tant’è che può facilmente affermarsi che, per un verso i dirigenti divengono tali in quanto esprimono quei valori che vengono riconosciuti dai loro sostenitori, mentre i sostenitori dei dirigenti alimentano la visione dei leaders attraverso il loro consenso. 

Ben diverso è invece il caso di quei grandi personaggi o di quei soggetti animati da grande buona volontà i quali hanno contraddistinto la loro opera “basandosi sulla consapevolezza dell’anima” e così attingendo “alla fonte originaria della saggezza”, senza le sovrastrutture date dalle ideologie o dai credo religiosi di ognuno, o dai bisogni più diversi, sovrastrutture che, quando messe in discussione, generano la paura di una minaccia .
 


Il Mahatma Gandhi. certamente  grande personaggio, certamente uomo di buona volontà, certamente guida illuminata e vero leader,   portatore  di un proprio messaggio personale (per la pacifica convivenza delle genti).



 








Dalle predette osservazioni deriva poi quella che vien chiamata la scala gerarchica dei bisogni, dato che il leader dà risposte ai bisogni elementari e organizzativi su questo fondanti la leadership; il vero leader/grande personaggio dà risposte inserendo nei bisogni elementari e organizzativi anche quei momenti che vengono chiamati valori (ad esempio di una società); ed il maestro/leader dà risposte complete e compiute a tutte le necessità della predetta scala gerarchica, elementari, di valore, e spirituali.

Ecco in conclusione un buon requisito dal quale far dipendere l’attitudine a dirigere o guidare o governare: il controllo del proprio equilibrio emozionale, e soprattutto, l’umiltà a non ritenersi al di sopra di tutto e di tutti. Perché quest’ultima è la strada migliore verso la dittatura o della repressione della coscienza che alberga dentro ognuno di noi.

Ecco ancora una buona conclusione generale per ciascun essere umano: “Niente ha più potere di trasformazione della consapevolezza, posto che quando si diventa completi dentro sé stessi, nemmeno le peggiori condizioni del mondo esterno contano.”. 

Tenendosi ben presente la grande diversità di significati che si ritrova nella lingua italiana del termine inglese leader, significati tutt’altro che univoci, ecco infine una buona base di partenza per un leader che vuol essere anche un vero leader/grande personaggio e dunque gestire nel modo migliore la sua leadership: se “la consapevolezza è la fonte migliore della visione interiore, del nutrimento, dell’ispirazione e della trascendenza, usando verità e chiarezza come bussole del proprio sentiero interiore,  il mondo esterno non può far altro che corrispondere all’intenzione.”. 

Principio che poi va esportato e trasferito in ciascuno di noi. Dato che la correttezza del sentiero sarà sistematicamente e continuamente provata da quella consapevolezza che alla fine ci trasforma in veri maestri/leader di noi stessi.


 Ognuno deve trovare il Mago Merlino
  che sempre esiste dentro di noi, e che ci aiuta
  a recuperare la nostra spada nella roccia.




 
 Ovvero, ci permette di usare al meglio quella leadership che ognuno di noi in qualche modo comunque possiede. 
D.S.



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